Com'è successo che la memoria della Shoah alimenti l'antisemitismo
di Giorgio Israel
Ha ben ragione Ernesto Galli della Loggia – quando parla della “tendenza da tempo sempre più forte nelle società occidentali che vede singole minoranze di qualunque tipo […] rivendicare un vero e proprio inedito diritto alla propria onorabilità storico-culturale da proteggere con apposite sanzioni penali” – a sottolineare come essa si manifesti “sull’onda di quanto stabilito da molte legislazioni per gli ebrei”. Questa osservazione si completa con quella del direttore del Foglio quando parla di “quella sinistra che è disposta a condannare chi racconta barzellette razziste contro gli ebrei, ma non quei movimenti islamici che puntano a distruggere Israele”. In un libro di alcuni anni fa (“La questione ebraica oggi”), mi permisi di osservare che le radici e le implicazioni della perversione per cui lo sterminio degli ebrei è divenuto, da modello negativo assoluto, il modello positivo per l’affermazione dei diritti delle minoranze, sono legate a due idee: l’unicità della Shoah e il concetto di genocidio. Questa osservazione mi è costata l’ostracismo delle madrasse culturali, ma sono prezzi che si sa di dover pagare. In sintesi.
Che la Shoah sia stato un evento di proporzioni senza precedenti nella storia non può essere messo in discussione. E’ altrettanto indiscutibile che, per le sue caratteristiche – organizzazione scientifica dello sterminio, politica razziale vista come mezzo per gestire e risolvere le tensioni sociali, negazione radicale dei principi dell’universalismo democratico eccetera – essa sia stata l’emblema e la sintesi dei mali che hanno afflitto il secolo scorso, e che ancora sono lungi dall’averci lasciato in pace. E’ invece inaccettabile e irrazionale affermare che la Shoah sia stata un evento unico dal punto di vista morale, che rappresenti un fatto isolato nella storia umana, senza un prima e un dopo, un evento metafisico, inaccessibile a qualsiasi spiegazione razionale – bensì soltanto con la formuletta della “banalità del male”, uno slogan infelice di Hannah Arendt, giustamente avversato da Gershom Scholem. Un’altra idea infelice è stata l’introduzione del concetto di “genocidio” nel 1944, con l’intento di creare una categoria giuridica più forte di qualsiasi altra, anche di quella di “crimine contro l’umanità”. Il genocidio è un concetto balordo e autocontraddittorio: se non esistono le razze – e non possiamo crederlo a meno di non essere razzisti, oltre che ignoranti – che senso ha parlare della soppressione di ciò che non esiste, se non nell’intenzionalità? E, come si sa, il processo alle intenzioni è cosa altamente discutibile; senza contare che la definizione degli strumenti giuridici con cui sanzionare un simile delitto sono ancor oggi lungi dall’essere definiti. Ma, come dicevamo, il vero movente era quello di creare una categoria di crimine di livello superiore, il più efferato. In tal modo, attribuendo alla Shoah la duplice caratteristica del delitto di genocidio e di unicum nella storia, gli ebrei sono stati dotati di un “privilegio” straordinario e ad essi soltanto riservato. Peraltro, un derisorio, in quanto meramente di principio e che, nei fatti, è rimasto a un livello puramente verbale (anzi, come vedremo, è stato pagato a caro prezzo).
Ma, si sa, i fatti di principio sono quelli che appassionano di più perché, ove si riesca a trarne implicazioni pratiche, se ne possono ricavare grandi vantaggi. E’ accaduto – come ha osservato anni fa l’antropologo francese Jean-Loup Amselle – che dietro all’immagine della Shoah si sia creato un interminabile codazzo di minoranze, gruppi o “etnie”, tutti desiderosi di strappare agli ebrei il privilegio che era stato loro accordato. Questo fenomeno era stato individuato già più di venti anni fa da Alain Finkielkraut, in relazione al concetto di genocidio: “Impadronirsi di questo vocabolo decisivo significa vincere la battaglia del lessico, condizione di possibilità di tutti gli altri trionfi”. E osservava: “Occorre dire che per il mondo che usciva dalle macerie della guerra, non vi poteva essere che una sola definizione di barbarie. […] Dopo Hitler, ogni infame è un fascista, e ogni vittima un portatore di stella gialla: non vi è rivoluzione, rivolta o lotta, per quanto minimo ne sia l’oggetto, che, frugando nel guardaroba del passato, non sia stata posta sotto il segno di quel periodo della storia. Che cos’è, in effetti, l’antifascismo, se non l’estasi di un tempo doppio, una miscela di vigilanza e di parodia, la combinazione di una memoria necessaria e di un mascheramento risibile? ‘La resurrezione dei morti, in queste rivoluzioni, servì a magnificare le nuove lotte’ (Marx). E il genocidio fu annesso, senza vergogna, a questa impresa di drammatizzazione. Fu la poesia della nostra prosa, il supplemento d’anima dei suoi scontri, la conversione del mondo ordinario in mondo tragico, l’ispirazione che permetteva di far uscire i militanti dalle frontiere dell’arrivismo quotidiano. Dalle donne agli occitani, ogni minoranza oppressa proclamò il suo genocidio. Come se, senza di ciò, cessasse di essere interessante, e non potesse essere riconosciuta. Come se la giustizia della sua causa e la validità delle sue aspirazioni fossero tutte racchiuse nella rivendicazione di questo male fondatore. E’ con questa parola, inventata nel 1944 per definire lo sterminio dei popoli, che i gruppi minoritari affermano oggi la loro identità e legittimano la loro esistenza”. E’ così che il “privilegio” degli ebrei di essere stati oggetti di un unicum – Shoah e genocidio –, è stato conquistato dalle “minoranze” che hanno avanzato e avanzano i loro diritti dimostrando di essere oggetto anch’esse di un simile unicum, non importa quanto ormai ridicolmente inflazionato. In particolare, sono i palestinesi a essere stati eletti oggi i detentori per eccellenza del privilegio un tempo appartenuto agli ebrei, a quelli morti s’intende. La più acuta mente di questa operazione è stata Edward Saïd – già capo della madrassa della Columbia University e sommo esponente del multiculturalismo postmoderno – che ha enunciato il seguente brillante sillogismo: l’“orientalismo” (ovvero il razzismo occidentale nei confronti dell’oriente arabo) è antisemitismo (perché gli arabi sono semiti); il sionismo ha definitivamente assimilato gli ebrei all’occidente e quindi essi hanno perso il loro semitismo, sono divenuti degli “orientalisti”, ovvero degli antisemiti; i palestinesi sono i nuovi ebrei e gli ebrei di oggi sono i nuovi nazisti. Ecco allora come la punizione severa delle barzellette antisemite e, soprattutto, lo spargimento di tonnellate di melassa nella Giornata della Memoria possano essere perfettamente coerenti con l’affermazione che gli ebrei buoni sono quelli morti, che quelli vivi sono quasi tutti cattivi, e che i nuovi ebrei sono i palestinesi. Non deve quindi neppure stupire che l’onorevole Diliberto abbia giustificato il suo incontro con il capo di Hezbollah, lo sceicco Nasrallah, con l’intento di lottare contro… l’antisemitismo. Sia detto di passaggio, Nasrallah è quello sceicco che proclama sulle onde della sua televisione Al-Manar: “Morte a Israele, fine di questo ascesso purulento. Sion l’oppressore maledetto sarà sterminato”. Ora gran parte della sinistra, cui Diliberto appartiene, tace o borbotta imbarazzata, ma la vedremo affollare la Giornata della Memoria, con un precipuo intento: che il ricordo serva ad affermare i diritti delle minoranze oppresse. Così, la beffa suprema è che la memoria dello sterminio ebraico serva a tutto salvo che a combattere l’antisemitismo autenticamente pericoloso di oggi – quello che si maschera da antisionismo. Peggio: che serva a giustificarlo. Da ultimo, va detto qualcosa circa la vulgata storiografica che è recente moda nelle madrasse, e che può essere così riassunta. 1) La Shoah è indiscutibilmente un unicum storico. Ne consegue che i delitti del comunismo appartengono a una categoria diversa e, ovviamente, più blanda. 2) Si osservi inoltre che la “vera” Shoah, quella “unica”, non è iniziata subito, bensì soltanto (guarda caso) in coincidenza con l’invasione nazista dell’Unione Sovietica. Perché è qui che si è dispiegata la teoria razzista universale che mirava alla distruzione totale, assieme agli ebrei, dei popoli slavi inferiori. 3) Di conseguenza, il comunismo – sia pure con tutte le sue colpe ed errori – è stato soprattutto vittima, come gli ebrei. E così arriva la seconda beffa: l’unicità della Shoah fornisce la vernice per dare una bella imbiancata al sepolcro del comunismo.
Un'analisi lucida e convincente.
Ma sappiamo da tempo che gli ebrei stanno agli occidentali come i palestinesi stanno al resto del mondo arabo. Diciamo che non sono granché amati. Ma è un fatto storico e religioso al tempo stesso: così come gli ebrei si sono sempre definiti il popolo eletto contendendosi le simpatie del Capo con i cristiani, così fanno i palestinesi nella loro fede. Si sentono il popolo eletto di Allah, e la cosa non va per nulla giù a molte madrasse e mufti arabi. Da qui la controversia della questione palestinese.
Non sono però d'accordo sul punto 2 delle conclusioni. Vero è che materialmente la "vera" Shoah ha inizio con l'invasione dell'URSS, ma le idee antirazziste covavano nel cuore di "baffino" Hitler ben prima di quella data: il 22 giugno 1941.
Altra cosa: quelle idee stavano anche dall'altra parte, nel testone del "baffone".
Altra cosa: mai prima di quella data (giugno '41)si è parlato di antifascismo o antinazismo per il semplice fatto che baffino e baffone erano alleati, stretti l'un l'altro dal patto di antiaggressione Molotov-Ribbentrop grazie al quale uno da Est e l'altro da Ovest hanno fatto della Polonia un pollo da spennare.
Su Diliberto non ho idee...
Non capisco bene le conclusioni finali e il il discorso sulla storeografia di moda oggi. Probabilmente è un limite mio. Per il resto è tutto assolutamente condivisibile e molto interessante. Anche perché, vogliamo dirlo? c'è un latente antisemitismo che è pieno appannaggio della sinistra. diliberto non l'ho mai sopportato: sai sempre già cosa dirà. Perfetto esempio di conservatore benestante. triste noioso e assolutamente non-progressista.
mi sembra che si banalizzi un tantino il pensiero di Saïd. L'analisi che fa del concetto di "oriente", quale specchio piu' che oggetto di analisi mi sembra assolutamente convincente. Anche se Saïd non parla di estremo oriente anche per questo si assiste a fenomeni analoghi (basti pensare al concetto di "tortura cinese" che non ha alcun riscontro in cina ma infiniti nell'europa inquisitoriale e non solo).
Il punto 3, comunismo come vittima o meno, da' invece adito a una teoria di equivoci. I comunisti tedeschi che vennero sterminati da hitler erano responsabili - e se si', fino a che punto - di cio' che avveniva in russia?
E gli anarchici? e i trotzkisti? Con il termine "comunismo" spesso si vuole far passare un concetto in cui tutte le vacche sono nere.
E i comunisti tedeschi che sopravvissero a Hitler, non furono forse trattati molto duramente da Honecker (e da quanti erano riparati in urss)?
Ultima nota. Vogliamo davvero buttare il concetto di "banalita' del male"? Non e' una categoria del pensiero che invece ci aiuta -molto- a capire quanto sta accadendo ora?
vi ho espresso le mie perplessita'.
cazzo, tonii, mi ero proprio dimentica di questo. il concetto di "banalità del male" è un concetto assolutamente da non eliminare. quel termine che dà il titolo al libro della Arendt nasce dalla mera constatazione delle parole di Heickman stesso al suo processo. E' una conclusione una riflessione che parte dalla cronaca di un processo. Non dimentichiamo che la Arendt era lì come corrispondente, presente al processo. E che non sio è inventata di sana pianta una teoria sul male inteso come mera esecuzione degli ordini, e quindi non "Premeditato" e quindi "banale". No, lo ha constatato dai fatti cui ha assistito. Le parole di Heichman sono di un candore sconcertante, troppo limpide per non essere vere. Ma, come ho già detto ieri per i fatti di genova, l'esecutore acritico di un ordine, non per questo risulta non colpevole grave. anzi a suo modo lo è di più. L'espressione "banalità dle male" per chi ha letto il libro non è così attenuante nei confronti del male, serve solo a dimotrare come il "male" si possa annidare anche nei comportamenti apparentemente più insignificanti. se si vuole ricordare per bene il gionrno della memoria si cominci a farlo evitando pericolosi discorsi generici e poco chiari.
L'esordio è alto e appassionante a mio avviso. Nel proseguio, che dovrebbe essere la conseguenza della premessa, scade in una vulgata molto di voga oggi che è il prodotto di una riflessione di pancia, non di testa. Said era un fine pensatore e anche un militante; non lo si può banalizzare così. E non mi pare proprio fosse un sostenitore del multiculturalismo.
Il nodo del superamento della memoria cristallizzata che è uscita dall'ultimo conflitto mondiale riguarda tutti. Come anche tutte le forzature che nel tempo vi si è costruite intorno, per cercare di far posto alle vicende emerse in seguito, senza abbattere questo pantheon di riferimenti condivisi. E' un nodo che riguarda tutti e affrontabile solo con una visuale abbastanza ampia (non si può non parlare di guerra fredda per esempio).
La mia impressione è che oggi nella comunità ebraica, sottopressione, spaventata, travagliata, lo si stia invece interpretando in un'ottica di contrapposizione verso l'esterno, in particolare facendo strali della resistenza e del rapporto con la sinistra (e con il mondo laico mi verrebbe da dire). Mentre ritengo che sia legittimo e salutare mettere in discussione ciò che prima veniva considerato immutabile, penso però che da questo linea di ragionamento stiano emergendo riflessioni molto parziali che prima o poi mostreranno la corda.
Oltre ad alimentare punti di vista piuttosto ingenerosi appunto nei confronti dei laici della sinistra. In un quadro in cui una destra che si riconosca pienamente nella storia repubblicana non c'è.
ciao (mi scuso se i toni possono essere secchi, mia carenza espositiva)
Io invece metto l'accento sul fatto che tutto questo articolo non dice una-parola-una su cosa accade al giorno d'oggi, rovistando assai confusamente nel passato alla ricerca di giustificazioni all'invasione della Palestina.
Li vogliono uccidere tutti ed avere pure ragione.
Scusa, Q "li vogliono uccidere tutti", chi li vogliono? Di chi parli? Sembra che esista un piano. Allora svelacelo.
Un'articolo che inizia dando ragione a galli della loggia gia' indispone non poco.
se poi i suoi presupposti sono i soliti, ovvero difesa della politica imperialista e espansionista dello stato d'israele ben oltre la ragionevolezza, attacco alla sinistra europea troppo filopalestinese, demolizione di una eventuale "causa palestinese; l'articolo in questione mostra bene il suo sottotesto "la politica israeliana non si discute, chi non e' con noi e' contro di noi".
che poi e' un sottotesto che compare sempre e comunque nei discorsi di tanti amici e compagni ebrei cui vorrei ricordare con affetto che una delle virtu' principali del pensiero ebraico e' proprio la dialettica.
Questo articolo di Israel RIFIUTA la dialettica, travestendosi da opinione anticonformista.
ps: diliberto e' un professorucolo legalitario e piccoloborghese, cosa ci veda di comunista il signor Israel in diliberto lo sa solo D_o.
Un'articolo che cominica con l'apostrofo già indispone non poco...
Berja, proprio io e te è meglio che non ci si parli. Mi pare che oltre a vedere i film, leggi anche gli articoli con il paraocchi.
qualcuno stava parlando con te, achab?
qualcuno ti ha citato?
dei miei paraocchi devo rendere conto a me ed ai miei compagni, non al primo che batte le dita su una tastiera.
dimmi piuttosto qualcosa di contingente alla mia critica invece di sparare la prima fesseria che ti viene in mente, altrimenti se devi fare solo il professorucolo con la bacchetta, taci.
"difesa della politica imperialista e espansionista dello stato d’israele ben oltre la ragionevolezza, attacco alla sinistra europea troppo filopalestinese, demolizione di una eventuale “causa palestinese; l’articolo in questione mostra bene il suo sottotesto “la politica israeliana non si discute, chi non e’ con noi e’ contro di noi”."
questo per me è avere il paraocchi.
La sinistra europea non è troppo filopalestinese? secondo me sì, lo è eccome. ed è uno dei suoi più grossi e limitanti vizi.
Questo articolo non mostra poi nessun "sotteso", non è stato scritto per parlare della causa palestinese ma di quella ebraica e della shoah. quindi il discorso sulla "politica imperialista dello stato d'israele" c'entra niente. La Shoah non ha pari nella storia di nessun altro popolo. E non ne avrà, a mio avviso, nemmeno in futuro.
E il rivendicare questa cosa da parte del popolo ebreo è un diritto inalienabile, che non c'entra niente e non deve trovare attenuanti nella causa palestinese.
Professorino, dici? ti ricordo che a cominciare a farlo sei stato tu, dall'alto dei tuoi studi universtiari e di critica cinematografica.
"studi universitiari"? chi di refuso ferisce di refuso perisce!
non credo di voler proseguire questo sciocco battibecco, ma la invito, signor achab, a studiare un altro po' e magari a stare a sentire, ogni tanto, le opinioni degli altri, magari con meno superficialita', pregiudizi e supponenza.
Ringrazio il dott. Biraghi per la pazienza e lo spazio concessoci, pur con il legittimo sospetto che egli stia li' ad osservarci come formiche nel terrario....
Ma no, in realtà leggo, anche (spesso, ma non sempre) con interesse. Cerco di non commentare troppo, perché non voglio abusare di una posizione oggettivamente dominante. Sono contento se lo spazio viene usato, non serve proprio la pazienza. Ovvero, serve a volte, solo se si parla di SUV ;-)
berja, tu sai parlare solo di "studi", poi i tuoi commenti si riducono a 4 luoghi comuni da studende liceale alla prima occupazione della scuola (collettivo "questione palestinese"). la verità è che non rispondi mai con argomentazioni alle mie posizioni (dicendo che sono superficiali o saccenti, due concetti abbastanza diversi tra l'altro), non l'hai fatto su "the believer" non lo fai qui su questo articolo. e non lo fai nonostante io abbia argomentanto bene la mia posizione (aperta come qualsiasi altra, a qualsiasi critica, purchè argomentata e diversa dal "io ho studiato, tu no"), sia su "the believer" sia su questo articolo. La conclusione per me è semplice: sei venuto qui per fare "il colto" "l'intellettualino" ma hai trovato uno che ti mette in difficoltà e forse ha letto e visto quanto, se non più di te. e ragiona con la propria testa. Non con quella dei libri che ha letto (pur, t'assicuro, numerosi)
E poi, un'ultima cosa, piantala con questo patetico "lo spazio che il dottor biraghi gentilemente ci concede...." come fossimo qua a parlare di calcio. Il dottor biraghi, son convinto, A) non si stia per nulla stufando, B) se anche si stesse stufando, ha tutta la possibilità e il diritto di non pubblicarci, togliendoci lo spazio gentilmente in precedenza concesso. a garp dico che c'è una bella differenza tra un refuso come "studi univiersitari" e un edivente errore di grammatica (colpa di nessuna tastiera) come "un' articolo". io scrivo di getto, è vero. incorro in errori di battitura, lo so da me. preferisco tuttavia fare così, lo trovo più consono allo spirito di un blog.
rinnovo gli auguri di buon natale.
perfortuna che ci sono quelli come te, achab, inalziamo le nostre lodi all'eterno!
Boni, boni ragazzi che fra pochi giorni festeggiamo la nascita dell'Israeliano più noto all'estero.
Sami, a chi ti riferisci? Paul Simon immagino. Non sapevo che fosse nato a fine dicembre ;-)
No Al, Paul Simon è ebreo, Andy Kaufman (il più grande comico di tutti i tempi - vedi Man on the Moon di Forman) era ebreo, invece quello del 25 Dicembre era un Israeliano poichè nato nel Regno d'Israele occupato da romani e anche laziali. Gli
interisti saranno leggenda solo qualche secolo dopo.
a propo' di romanisti in israele: ero cola' quando un locale sente che sono stato a masada.
Mi fa: "ma perche' ci sei andato? quello e' un luogo che signigica molto, ma per NOI".
Io gli spiego che conosco la storia e volevo vedere coi miei occhi i luoghi dell'assedio. "Ma come fai a sapere questa storia?" "be', l'ho studiata a scuola" "in italia studiate la storia di israele?!?!" "no. ma, sai, a masada c'erano 2 eserciti..."
Solo a quel punto capisce. Si illumina e mi fa:
"ma allora voi eravate i CATTIVI!"
:-D
cattivissimo_tonii
bella ottica con cui guardare la storia, sami :-)
magari ci fossero anche da noi, chesso', la "Garibaldi Milano", la "Dante Di Nanni Torino" o la "Gianfranco Mattei Roma" come il Maccabi
...ma da noi c'è: L'Armani milano.;-)
e perchè non "Muzio Scevola Roma" e la "Enrico Toti Lazio". A proposito dando una scorsa a un piano di studi della Cattolica ho notato che l'esame di "Storia del Risorgimento" è sostituito con "Storia degli antichi Stati Italiani" !!!!
Che schifo ancora gli brucia Porta Pia!! L'unico momento veramente virile della storia italiana! Dai facciamo finta che non sia esistito. La Resistenza annullata, il Risorgimento insabbiato. Cazzo mi lavorano ai fianchi.
Al perdona ....ho quasi.... derragliato con gli argometi, speriamo che Alsessio sia in vacanza, magari a..... Betlemme....
cercavo notizie in rete sugli ultra' dell'Hapoel Tel Aviv, di cui sapevo esistesse un gruppetto M-L, e ho trovato questo:
http://www.aad-online.org/Englishsite/Englinks/aad4/34/2.htm
paese che vai, insulto che trovi...
un'altra chicca che spiega molto dell'amicizia della destra europea per israele:
http://slate.msn.com/id/2063344/
[...]
"Shimon Peres and Ariel Sharon phoned Italian President Silvio Berlusconi (who also happens to be the president of A.C. Milan) begging him to send his team to Tel Aviv—a new twist on the right of return. While Berlusconi spewed homilies about Italy's friendship with the Jewish state, he declined to move the match. (It wasn't exactly a disinterested piece of policy. A victory against Hapoel, advancing Milan to the next round, would earn Berlusconi and his team millions of dollars in TV revenue.)"
piu' sotto si capisce perche' il b. non abbia voluto aiutare la squadra israeliana:
"Founded by trade unionists in the 1920s, for most of its history Hapoel made no secret of its ties to Israel's Labor Party. A hammer and sickle continues to grace the team's red uniforms. Even though its new owners have tried to extend its fan base by depoliticizing Hapoel, it continues to draw the same old Labor fans—urban, yuppie Ashkenazis and Israeli Arabs."
Aaaah, capiamo tutto, una squadra di ARABI e COMUNISTI!
Sito questo link in "Israel, antiamericanismo, “ministro della terrorista” e Silvia Baraldini (zap-web-blob): http://neo-machiavelli.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=717062
Articolo tratto da Italymedia.it Portale dell'Informazione Nazionale diretto da Antonello de Pierro.
Ennesimo boccone amaro per il Berlusca
Il comunista “mangia” premier
Il leader del Pdci Oliviero Diliberto si “divora” Silvio Berlusconi nel confronto elettorale avvenuto nello studio del programma “Matrix” sotto il controllo tanto imparziale quanto evanescente del conduttore Enrico Mentana
di Fabio Bucciarelli
Parabola armoniosamente discendente quella del Governo e del suo massimo rappresentante. Sempre più nervoso il premier mentre è evidente, a seguito del recente confronto andato in scena nel salotto di “Matrix”, che i comunisti hanno ancora molta fame. Hanno cambiato probabilmente solo gusti, ora sono più inclini ad assaporare piatti a base di uomini adulti e un po’ attempati. A fare le spese di questa nuova tendenza derivante dal brontolio dello stomaco dell’onorevole Diliberto è stato proprio il “povero” Berlusconi. Una situazione che ha evidenziato nettamente l’imbarazzo e le difficoltà oggettive del leader della Cdl quando si è parlato di dati e cifre provenienti da fonti ufficiali, fonti evidentemente diverse da quelle in suo possesso Spiazzato in tutto e per tutto. C’è rimasto veramente male il leader della Maggioranza, non si aspettava un avversario così preparato, carico e minimamente innervosito dalla tattica di far attendere l’avversario (45 minuti di ritardo di Berlusconi). Ma dov’è finito il grande comunicatore? Dov’è l’uomo sicuro di sé, il grande imprenditore che dovrebbe continuare a detenere le redini politiche d’Italia? La domanda rimarrà tale. Una situazione molto chiara, che non ha lasciato dubbi al termine del confronto su chi di due ne fosse uscito vincitore: Oliviero Diliberto. Dialoghi grosso modo ben regolati e con toni pacati anche nei momenti più duri e crudi del confronto. Berlusconi non è riuscito a fare il suo consueto monologo ed ha trovato di fronte un politico preparato, sicuro di sé, che ha saputo ribattere alle offensive del premier e non solo, è riuscito anche ad affondare il coltello nell’evidente nervosismo altrui. Le marcate smorfie del viso di Berlusconi hanno esplicitato la sorpresa e la poca preparazione a rispondere a quesiti concreti sul tema delle pensioni, dei salari, della scuola, delle infrastrutture, etc. Inoltre, per non lasciare a bocca asciutta gli affezionati non sono mancati i temi cari a Berlusconi: battute sprezzanti in ogni occasione, comunismo, magistratura rossa. Sempre le solite cose che con ogni probabilità hanno stufato gli stessi elettori del centrodestra. Per il presidente del Consiglio l’utilizzo di determinati temi come quelli accennati, è solo l’ammissione dell’essere sotto pressione. Con certe battute cerca di sdrammatizzare un solo dramma: il suo. Per quanto riguarda nel dettaglio l’antica carta “comunista”, in questa occasione non gli è stato concesso di fare in modo che gli ascoltatori non sapessero che, parlando di regimi crudeli, proprio lui e la sua coalizione hanno appena siglato un accordo politico con i neofascisti. Anche la consueta cartuccia del vittimismo non è mancata, breve ma pesantissimo l’accenno alle “toghe rosse” che al contrario per Diliberto sono divenute rosse per il sangue versato dai caduti rappresentanti della Magistratura (“Falcone, Borsellino, Chinnici, Livatino..”). Del fatto che il Cavaliere si sia perso completamente nel suo eloquio nella foga di elencare numeri e dati senza criteri logici, ce se n’è accorti dal mancato minimo accenno sull’unico tema che poteva probabilmente mettere in difficoltà l’avversario: la politica estera. Troppo nervosismo, poca chiarezza ed i suggerimenti del portavoce Bonaiuti seduto in mezzo al pubblico sono sembrati non adeguatissimi.
E proprio il pubblico ha contribuito a rendere incandescente la serata. Nella curva del premier spiccavano come usciti dallo stesso stampino, uomini con giacca e cravatta rigorosamente con nodo enorme e donne pettinatissime e truccate alla perfezione nei loro completini politicamente corretti; dall’altra parte un pubblico eterogeneo per età e abiti, ma comunque tutti pronti ad esultare alla frase più o meno dura del proprio leader.
Una battuta di Berlusconi va assolutamente citata. Nel contesto del confronto sul tema della riforma della scuola, il premier ricordando il suo periodo scolastico, a suo modo molto simile a quello riprodotto a seguito dell’applicazione dell’attuale “riforma innovativa” della Moratti soprattutto nel punto in cui i giovani di tredici anni dovranno scegliere quale strada affrontare tra liceo o scuola professionale, ha esclamato che lui proviene da “una famiglia povera”. Silenzio. Poi la stizzita reazione di Diliberto “…povera? Ma suo padre non faceva il direttore di banca?” e ancora una risposta che nessuno ha compreso “…ora vuole cambiare anche la storia?”. Che vuol dire? Di quale storia si parla? Probabilmente, e nessuno ne era a conoscenza, la famiglia Berlusconi è entrata a far parte della storia italiana, d’altronde in un periodo di revisionismo storico come quello vissuto negli ultimi cinque anni nel quale si è cancellato quasi del tutto il riferimento nei libri di testo al regime fascista, non ci si stupirebbe di trovarsi di fronte altri nuovi discutibili elementi.
Venendo al dialogo concreto sui temi d’attualità, il leader del Pdci ha puntato il dito sulle promesse non mantenute del famoso “contratto con gli italiani” mentre dall’altra parte si cercava di elencare le grandi imprese di questo Governo. Niente da fare, idee e considerazioni ovviamente agli antipodi tra le due opposte personalità in gioco anche se una differenza sostanziale ha contribuito alla simbolica vittoria di Diliberto: dati alla mano, di fonti incontestabili (Fondo Monetario Europeo, Ocse, Banca d’Italia, nonché una circolare del Ministero dell’Istruzione…), ha chiaramente mostrato la non florida situazione attuale del Paese.
http://www.italymedia.it/articoli/attualita&cronaca/0062.htm