Sulla questione dei Rom, la mia determinazione a capire le ragioni di tutti (che normalmente tento di esercitare il più possibile) vacilla. Mi rendo conto che la mia percezione - e quella della maggior parte della gente - è parziale e pesantemente viziata da luoghi comuni; a prescindere da tutto, però, come si può sperare di integrarsi (o anche semplicemente interfacciarsi) con una società se si ignora volontariamente buona parte delle regole che essa impone?
Credo che comprerò il libro che hai consigliato. Per capire, o almeno per cercare di farlo.
Dovremmo anche finirla però cone la comprensione a oltranza di una parte e l'accusa a oltranza di un'altra che reagisce solo perché facente parte del sistema. Il canovaccio è sempre lo stesso: i rom vanno difesi, agli autoctoni stanziali un bel calcio nel culo perché un minimo di sicurezza loro l'hanno raggiunta. Basta dai. Anche da sinistra: basta dai!
Non ho mai amato questo popolo e proprio il suo studio mi ha fatto conoscere tradizioni e abitudini che mi fanno ribrezzo. Che, non uso l'ambigua parola civiltà, ma che un minimo senso di umanità e giustizia mi allontanano dal giustificarla. E in questo, il bello è che non c'è proprio niente di personale.
Sia chiaro. Una comunità civile (questa volta il termine lo uso) non deve permettere atti aggressivi nei confronti di chichessia. Nè tantomeno legislazioni discriminanti. Ma togliamoci una buona volta dalla visuale romantica con cui la sinistra guarda gli zingari. Il periodo ottocentesco del nomade che lavora il metallo o del gitano andaluso o galiziano che porta al pascolo le bestie senza mai mettere radici è consegnato alla storia. Oggi la comunità rom mi sembra tanto ripercorrere le orme degli abitanti delle riserve indiane una volta conosciuto l'alcol e il gioco d'azzardo. E' vero, una delle due comunità si è chiusa in se stessa. ma se cercate di studiare il fenomeno con distacco vi sorprendereste della risposta.
A Corrado, i Rom non piacciono; Larry, pensa che così facendo non si integreranno.
Ma vi rendete conto dei punti di vista da cui partite? Pochi giorni fa ho avuto una discussione proprio sull'argomento, ed è incredibile constatare quanto, anche da persona con una cultura autenticamente tollerante e di sinistra, si parta comunque da una concezione egocentristica che fa rabbrividire!
Perchè dovrebbero piacere? Perchè dovrebbero integrarsi?
Alcune delle persone con cui discutevo stigmatizzavano il fatto che gli stessi Rom che non hanno (legittimamente) intenzione di integrarsi, poi approfittano a man bassa di ciò che la nostra società offre; vero, innegabile. Anche nel mio lavoro ho avuto modo di riscontrare una vasta area di norme, che regolano istituzioni all'interno della nostra società, che i Rom possono ignorare senza problemi, e nella maggioranza dei casi mi paiono totalmente insensate queste eccezioni; la tutela della minoranza e delle sue tradizioni dovrebbe andare di pari passo con l'accesso a ciò che è vitale (acqua, scuola, ospedale), e tutto ciò andrebbe imposto e regolato con la giusta forza (mia sorella, che lavora in ospedale, mi racconta delle donne Rom che ad Ottobre portano i bambini da loro e li vengono a riprendere a Marzo, dopo averli fatti svernare al caldo: questo e tutti l'altro approfittare delle istituzioni non dovrebbe essere permesso).
Ma per la cultura del popolo Rom, lo spregio delle norme (a partire dai confini nazionali, in fondo!), e del lavoro, è la base della vita, e non dovrebbe importarci di questo: piuttosto non dovremmo confrontarci con loro con il lassismo che per comodità (riportare dall'ospedale un bambino al suo campo non è per niente facile) applichiamo: nessuna "comprensione a oltranza". Non possiamo aspettarci qualcosa di differente, di più rassicurante, da parte dei Rom; ma far rispettare le nostre regole, fornendo i servizi base, e rispettandoli, sempre.
So che "rispettiamoli" può essere espressione abusata, ma mai come su questo popolo sento commenti che fanno rabbrividire, anche da parte di persone considerate "tolleranti".
Scusate, ma volvo solo rimarcare: occhio al punto di vista da cui si parte. La normalizzazione è tentazione forte, specie rapportandosi a persone così palesemente "inadeguate" e "fuori luogo" rispetto ai contesti in cui si muovono.
Quando penso agli zingari (rom o sinti che siano) mi viene in mente Django, grandissimo chitarrista.
Mi viene in mente un caro amico che ogni estate va in Francia (non ricordo più il paesino) per il raduno europeo di questi popoli. Mi racconta che il mito di Django è così vivo e forte, che i ragazzini 15enni che suonano la chitarra lo fanno come Django, con due dita solamente. E suonano da far paura.
Poi però leggiamo di Via Adda, delle baraccopoli, dei furti negli appartamenti, nelle megere che ipnotizzano i vecchietti con le pensioni e li derubano. Vero o falso? Non saprei dirlo.
So che recentemente la comunità di volontari che seguono queste persone si sono chiamate fuori, hanno ricevuto pesanti minacce dai capi di una comunità rom perché si facciano gli affari propri.
Non vogliono che i loro figli frequentino lo scuola italiana, non accettano un'integrazione che snaturi la loro "anima". E allora, mi domando? Cosa vogliono fare da grandi? Continuare a girare in Mercedes e roulotte da un campo all'altro? Facendo scippi e scassinando appartamenti?
Qui non è questione di capire il diverso (e un certo buonismo è davvero fastidioso...), qui dobbiamo capire che cosa hanno intenzione di fare per il proprio futuro le comunità rom e sinti.
Noi abbiamo l'obbligo di essere comprensivi e tolleranti (bruttissima parola, ma va così di moda...) ma l'obbligo all'integrazione è loro. Non facciamo confusione.
L'obbligo all'integrazione? L'"obbligo"????
Nella vita è facile crearsi un nemico. E' più facile poi vivere, stare meglio, trovare stimoli, quali rabbia, orgoglio, ecc. Quindi quando qualcosa va male te la puoi prendere con il tuo nemico. Creare dei capri espiatori è ciò che facciamo tutti i giorni. La paura inconscia che a tua moglie possa succedere qualcosa e che tu non sia in grado di proteggerla si materializza e i due zingari d'un tratto sono tutto il male, in quel momento, di sempre. E così è tutto più facile. Ti sembra che tutto torni. Creare capri espiatori è la pratica più diffusa in italia insoddisfatto. Pensa solo ai titoli della Padania o di Libero. Ma, a volte, anche a quelli dell'Unità... ;-)
Questa discussione è molto dolorosa per me.
La mia gente ha condiviso le camere a gas con loro. Da piccolo ero spaventato a morte. Un pò era rimasto dentro questo terrore. Poi Kusturica mi ha dato una "frustata", e dopo aver visto "Il tempo dei gitani" il mio punto di vista è cambiato radicalmente. L'ombra del gitano è in tutti noi, va assolutamente digerita. Vi consiglio la visione del film.
Oppi ci consegna l'ennesima lezioncina. Quando si parla non solo di roma, ma di nomadi in generale, non si discute, non si riflette. No, si fa una lezione. Con la barra ideologica ben tenuta in evidenza: di qua i cattivi (noi tutti, indistintamente, borghesi si sarebbe detto solo una trentina d'anni fa), di là gli incompresi, le vittime tout court (i nomadi appunto).
E via con le semplificazioni: a questi non piacciono (solo perché ritiene inaccettabili alcune loro tradizioni.), quell'altro li critica perché sostiene che non vogliano integrarsi.
Io penso che l'antipatia o la simpatia verso un gruppo etnico non abbia nessun significato nella questione del rapporto (rapporto, non lotta) tra nomadi e autoctoni. E quanto all'integrazione, un gruppo etnico può sentire tutta l'antipatia che vuole nei confronti di questo termine e della raltà che esso sostiene ma chiunque viva in una data comunità deve rispettare le regole che la comunità si dà. Su questo non si scappa. E' il banale, elementare punto di partenza. La tolleranza, di più, il sostenere l'altrui diversità non può arrivare ad accettare ogni violazioni di norme democratico che fanno del privato e del pubblico un terreno di vita e non terre di nessuno. Per i nomadi non c'è da scomodare il wwf, non si tratta di "species protetta".
Leggo che per i rom lo spregio delle nostre norme è la base della loro vita. Se è così allora non c'è che da accettare lo stato di cose che affrontiamo nel nostro presente. Diffidenza da parte dei cattivi e violazione di ogni disgraziata legalità da parte dei buoni. E che il conflitto continui. A mio parere la democrazia è altra rispetto a quello che chiede Oppi. Ma al di là di questo, la sinistra (ma anche questa è solo una posizione personale) dovrebbe smetterla di anticipate difese a priori, restando aggrappata a oltranza al terzomondismo. Meno Sartre e più Camus insomma.
"Meno Sartre e più Camus"... non male. Come in "Caligola", insomma. Stupendamente riadattato da Elio De Capitani anni fa.
Non so, non riesco a vedere buoni e cattivi, neanche destra-sinistra in questo problema di convivenza, ma solo fatica e dolore per tutti. In fondo, se ci pensate bene, si sta male tutti. Loro che fanno una vita di merda, noi (intendo, noi persone ragionevoli) che subiamo i loro furtarelli e magari ci sentiamo in colpa se in tram ci allontaniamo dalla zingarona grassa e ... "aromatica", Borghezio che si fa venire l'ulcera a ogni zingaro che vede.
Ecco, al di là del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto, del "devo io" no, "deve lui", credo che la riflessione dovrebbe volare un po' più alta. E' questione di rispetto: sono diversi, sono rompicoglioni, a volte ci pesano addosso. Ma sono esseri umani con tutti i nostri diritti, reietti dal mondo. Non so, senza voler essere buonista (non lo sono proprio) credo che interrogarsi sui perché - anziché dare giudizi - possa essere il modo migliore per cercare le soluzioni.
proprio così. Secondo me, certe argomentazioni stanno alla sinistra quanto Drusilla sta a Caligola. Non provate a toglierle Drusilla altrimenti vi scottate.
Corrado, il disprezzo in cui i Rom tengono ciò che è regolato è innegabile (sentito recentemente due Rom osservare la gente e dire: "Guardali: lavorano. Che coglioni! Lavorano!"), e non vuol dire accettazione di ciò che comporta! Io ho detto il contrario: che le norme che regolano, ad es, i servizi pubblici essenziali, andrebbero applicate anche per loro. Ho solo aggiunto che siamo noi a dover imporre, con la forza, il loro rispetto, perchè non possiamo aspettarci che venga da loro. Tutto qua.
Per cui, non mi sembra di dire qualcosa di diverso da quel che dici tu, e non credo tu ti riferisca a quanto scritto da me quando parli di barra ideologia, nè di simpatie e antipatie, non credo proprio. (Accetto il "lezioncina" che affibbi al mio post, mi sono reso conto del rischo corso mentre scrivevo, ho cercato di edulcorarlo un po' con l'umiltà ma evidentemente non ci sono riuscito).
Ma: a parte il fatto che non ho certo cercato di definire la democrazia, credo che il fornire i servizi per la vita in ugual misura a tutti chiedendo il rispetto per le norme che li regolano non sia poi molto distante dall'idea che per lo meno io ho della stessa (ma forse ci stiamo allargando).
Oppi, hai capito bene: obbligo.
Se a casa mia guardo la tv con i piedi sul tavolo e scorreggio mentre la guardo, ciò non significa che posso farlo in tutte le case degli amici che mi ospitano.
Obbligo all'integrazione vuol dire rispettare le nostre leggi: mandare i bambini a scuola e non a chiedere l'elemosina è la prima fra tutte!!
Se io non mando i miei figli alla scuola dell'obbligo, mi arrivano in casa i carabinieri! Questa è una legge italiana.
Scuola, istruzione, un futuro probabilmente diverso. Non dico migliore, ma diverso da quello di oggi. Ci vuole così tanto?
Son d'accordo con alberto: riflettere sui perché senza dare pregiudizi. E infatti per quello ho parlato di paure. e di bisogno di cercare sempre un nemico, un capro espiatorio. Una persona in carne ed ossa con cui prendersela.
qualche anno fa nel bar vicino a casa è entrato un ragazzino rom a chiedere l'elemosina. Il padrone la sabttuto fuori spintonandolo, a me è andato di traverso il cappuccino, instaurando una dialettica negativa con la brioche alla crema. Una volta sbattuto fuori, il padrone ad alta voce, persona rispettabilissima normalmente e non credo nemmeno di destra, esclama ridendo: "se mi date il lanciafiamme a questo qui gli faccio fare la torcia umana". La brioche si è bloccata senza più interagire col cappuccio. Ho pagato e non c'ho più rimesso piede.
Cosa voglio dire? che ilpadrone ha avuto paura, paura di un furto, paura di perdere clienti (che invece facendo così ha perso), aveva i cazzi suoi (l'inter aveva perso lo scudetto all'ultima giornata) e ha auvto di fronte "il nemico". Inerme come tutti i nemici: ce la si prende sempre con chi si sa di vincere. la gente è incazzata di suo a milano. Basta vedere gli automobilisti. Cosa vuoi che ci metta a prendersela con un ragazzino rom? gli è servito su un piatto d'argento. Perché alla base di tutto c'è il monito unico di oggi: non fare mai fatica. Non fare mai sforzi con il cervello. E' troppo difficile riflettere e capire che magari, come dici tu, anche loro c'hanno i loro cazzi. No, ci sei solo tu con i tuoi e loro a metterti i bastoni tra le ruote.
Oppi, se ho interpretato male il tuo pensiero faccio ammenda. in ogni caso quando parlo di ideologia non mi riferivo al tuo scritto ma più precisamente all'impostazione mentale di una parte della politica a cui appartengo ma che sul punto in questione sento molto distante.
In linea di massima sono d'accordo, Corrado. Se la paura genera borghezi&bosi e risposte che non sono soluzioni, il rifiuto totale da sinistra di vedere anche delle problematiche nelle abitudini sociali dei rom ottiene lo stesso risultato: nessuna soluzione (anche se attraverso modalità opposta, come il parassitisimo consentito nell'accesso ad ogni servizio).
letto l'articolo su Accordo: grande l'autore! Difficile, dopo un'esperienza diretta, porsi il problema in modo così critico.
Voglio raccontare un fatterello:
una suora nera di mia conoscenza ha perso un mazzo di chiavi in un tombino situato in prossimità di un capolinea degli autobus. Abbiamo messo un gancio su un bastone e abbiamo cercato di recuperarlo sotto una pioggerellina davvero simpatica. Con l'andare del tempo abbiamo destato una certa curiosità e, a sentire i commenti, anche un certo schifo nei ragazzotti italiani che ci osservavano. Le uniche persone che si sono avvicinate sono state tre-quattro ragazze nomadi che addirittura hanno provato con le mani a sollevare il tombino e, non essendoci riuscite, si sono pure rammaricate e hanno chiesto il permesso di pulirsi con uno straccio che avevamo con noi.
Vorrei dire a quanti disquisiscono sull'integrazione che le norme giuridiche che noi ci siamo date per regolare la nostra convivenza sono stabilite da noi e non da loro e che forse faremmo bene a prenderle meno sul serio: in fondo, la vita su questo mondo non è eterna e non vale la pena sprecarla per queste questioni. Così come, forse, non vale la pena sprecarla per lavorare in nome di un progresso e di uno sviluppo che, a ben guardare, è solo apparente. Quando Oppi si risente perché gli zingari prendono in giro chi lavora dovrebbe pensare che c'è ben altra gente che, senza dirlo, fa molto di più che prenderci in giro: lavorano le veline? e i calciatori? e i Tronchetti Proveri? e i Socc'macher? e i Briatori? NO!
Però li osanniamo, sono i nostri eroi.
Non me la prendo, nè penso che "dovrebbero" lavorare; ho troppo rispetto per la loro cultura secolare: anzi, nel mio cuore spero in un futuro in cui i Rom possano vivere a modo loro, guadagnandosi il pane senza "lavorare" (inteso come "fare un mestiere", una professione, all'occidentale) e senza entrare in conflitto con le istanze della nostra società.
Consentimi però di notare che è anche vero che si passa (di nuovo...) con facilità a conclusioni che non traggo: quando cito a Corrado l'esempio di cui sopra, lo faccio per evidenziare l'innegabile spregio in cui i Rom tengono lavoro e leggi. Questo non significa che io me ne risenta...e infatti è esattamente l'opposto...mannaggia! (Pensa che in quell'occasione in cui sentii gli zingari sfottere i lavoratori, impiegai del bello e del buono per convincere la persona che era con me a non prendersela, vedendolo come un fatto di cultura incontrovertibile. E infatti non ci riuscii). Oggi vengo male interpretato, evidentemente il tema mi appassiona e non riesco a trasporre esaurientemente le mie idee con sufficiente lucidità.
se ci fossero ancora i cavalli, se usassimo ancora pentolame di rame stagnato, se ci fossero ancora le fiere le vostre ciance sugli zingari (tali sono nelle vostre teste, malgrado il grande spreco di eufemismi political correct) avrebbero il valore giusto: merda razzista.
purtroppo l'accellerazione industriale e capitalistica schiaccia per primi coloro i quali non si integrano, i rom non si sono integrati, io mi inchino ai non integrati.
Quando si accenna a Rom e Sinti, sono da mettere in preventivo le "commenti agghiaccianti", ma per fortuna anche le reazioni umane. Questo a prescindere che si tratti di furti, politiche della casa, del lavoro, di Rom italiani o rifugiati stranieri.
Libri? A bizzeffe, ma non bastano. Prima di tutto perché sono scritti da chi non è Rom, e poi perché con i libri è difficile parlarsi e confrontarsi.
Da un anno curo un blog, con storie e interventi di Rom e Sinti da tutto il mondo (Italia compresa). Ho raccolto molte reazioni civili, molta voglia di capirsi e conoscersi reciprocamente.
Da qualche mese, non sono + solo a curare blog così monotematici.
I problemi non si risolvono, certo. Ma è uno sforzo tangibile per convivere.
(se il commento fosse inteso come "spot pubblicitario", me ne scuso e chiedo di rimuoverlo. Grazie)
cvd: berja alias franco giordano alias paolo blabbla alias cioèccazzo alias faccio cose vedo gggente.
PS: sei il migliore spot per berlusconi. ecco chi lo rende immortale.
Fabrizio: meno male che c'è qualcuno come te che ne capisce più di noi.
Dacci qualche "dritta": è vero che i volontari di Milano, di non so quale associazione, sono stati pesantemente minacciati dai capi rom perché si facciano gli affari propri?
Tu vedi possibile l'integrazione rom in una società che abbia la nostra cultura?
Parlo di rom perché i sinti, secondo me, sono un pò differenti dai rom. Non so cosa ne pensi tu.
Ma la domanda è: loro vogliono integrarsi?
Al tempo:
- Sui volontari a Milano, cerca nei trackback di questo topic il post "Sotto la notizia NIENTE".
- Non conosco (riguardo l'integrazione) differenze sostanziali tra Rom e Sinti. Però la parola "integrazione" ha sempre significati diversi a seconda di chi e quando la si usa.
Io ad esempio mi considero una persona occidentale per nascita e cultura, probabilmente democratico, non per forza integrato nel sistema o nella società. Però, essendo io parte della "maggioranza etnica", la cosa non ha la minima importanza. Ma se io fossi parte di una minoranza, la mia scelta personale sarebbe interpretato dalla maggioranza come scelta sociale. Nel caso di Rom e Sinti ci sono persone che cercano l'integrazione e altre no, chi l'ha raggiunta e chi ne viene escluso; ma prima occorre riconoscere loro di essere una minoranza etnica, e non confonderli con un ammasso di disadattati.
"Sui volontari a Milano, cerca nei trackback di questo topic il post "Sotto la notizia NIENTE".
Scusa ma non ho capito a cosa ti riferisci...
Io mi riferivo a questa notizia:
http://www.corriere.it/dynvm/dyn/vivimilano/edicola/dorsi/2005/02/11/cronaca%20milano/52_BAR.shtml
Se guardi in calce a ogni post, accanto ai commenti c'è un link trackback. Per questo post ho indicato lì alcuni rimandi.
Comunque, dai un occhio a http://sivola.blog.tiscali.it/av1969896/, è un po' lungo e alla fine scrivo anche su quella vicenda.
Non credo che quello di problematizzare comunque e sempre sia un approccio corretto. Queste sono questioni complesse e problematiche, ma nel momento in cui ti coinvolgono direttamente andrebbero anche affrontate direttamente. Invocare un contesto più ampio può diventare un modo di sottrarsi.
Indipendente dal fatto che si parli di minoranze, o che siano coinvolti stranieri, o che ci siano di mezzo leghisti, protoleghisti e marmaglia varia la vita di una società è fatta di piccoli scontri quotidiani, dal cui esito deriva l'indirizzo generale di come vanno le cose.
Se nel momento in cui un piccolo rom ti tira un calcio negli stinchi o cerca di sottrarti il portafoglio abbozzi e cominci a riflettere sull'ultimo saggio che hai letto sull'argomento, il saldo è negativo per tutti.
Molto meglio una reazione, proporzionata, che nessuna reazione. Non c'è principio astratto che tenga, quando ci sono delle persone in carne ed ossa che s'incrociano, ciò che di positivo o negativo ne può emergere viene dalla relazione concreta che in quel determinato momento instaurano, non da quello che ci sta scritto altrove sulle rispettive categorie di appartenenza.
Da buoni abitanti delle moderne metropoli abbiamo una ritrosia verso i rapporti diretti e scambiamo per tolleranza il nostro disagio nel dover entrare quotidianamente in contatto con migliaia di sconosciuti. Ma questo alimenta l'intolleranza, anzichenò. In un caso come quello descritto dall'amico di Alberto non dare una sonora tirata d'orecchi ai ragazzini, aumenterà le probabilità di una reazione fuori controllo la prossima volta che dovesse ricapitargli (tocca ferro) un'evenienza simile.
Se si trasferisce questo ragionamento da un piano personale a quello collettivo, si capisce che le nostre società diventano delle pile in cui si accumula la frustrazione derivante da tutti questi piccoli rapporti non risolti, sul lavoro, nel metrò, al bar, col vicino, pronta ad esplodere alla prima occasione propizia. O a regalare il vento in poppa al capopopolo di turno.
Una società tollerante imho è quella che sa essere tollerante perchè ha risolto, in linea di massima, i suoi problemi, non quella che si professa tollerante.
ciao
Antonio, molto giusto riportare i piedi per terra a chi ce li ha per aria. Sono d'accordo che un ceffone al piccolo Rom non possa far male (tra l'altro, immagino che per ridurre in quello stato un bambinetto di otto anni gliene debbano aver date un bel po' a casa sua).
Ma perché il ceffone abbia anche un effetto in prospettiva, credo che sia obbligatorio fermarsi a riflettere un attimo sul perché quel bambinetto è ridotto in quel modo, anziché lasciarsi andare alle frustrandi considerazioni idio-naziste che si leggono in quel thread.
Insomma, un passaggio dal particolare (lo schiaffone) all'universale (la condizione dei nomadi e in genere delle minoranze nella cosiddetta civiltà occidentale) è esattamente la medicina per quell'intolleranza sulle cui cause trovo sacrosanta la tua mini analisi.
bella risposta, potremmo dedurne che buona parte dei nostri problemi derivano dall'eccessivo ricorso alla delega?
berja: mille sì volte sì. La delega in Italia è usata come la coperta di un Linus particolarmente viziato, pigro, ignavo e ignorante. In questi giorni sto riflettendo sui primi risultati del "giochetto" CambiaMilano, vorrei scriverci un post ma non è cosa da fare di getto. Il titolo provvisorio è comunque illuminante: "Ci meritiamo D'Alema e Carrubba"
per sami: che mi dici di "train de vie"? per me fu una folgorazione.
I commenti di accordo non riesco a vederli; comunque li immagino facilmente. E d'accordo anch'io con te.
Riguardo cambiamilano vedere Valli in testa in effetti è un colpo (anche se non stupisce molto). Sì, urge riflessione :)
ciao
Berja, Train de vie superbo. Ho appena visto dello stesso regista "Va, vis, deviens", sulla vita di un bambino etiope fatto passare per falashà ebreo e spedito con una madre "finta" in Israele. Il film è parlato in amarico, ebraico, arabo, francese. Come faranno a distribuirlo in Italia dove siamo nelle mani della potente mafia dei doppiatori? Stessa cosa per atri millanta film straordinari e intraducibili come la "Fianceè
Syrienne" raffinato film israeliano contro tutte le frontiere! recitato in russo, druzo, arabo, ebraico, inglese e francese. Al, scusa l'OT ma si potrebbe con una scusa aprire un dibattito su questo scandalo del doppiaggio forzoso in Italia, Vedi anche come un film di Allen viene recepito in lingua e doppiato.
Sami, hai un dvd di questo film di cui parli?
Riguardo Mihaileanu l'onesta' dell'artista si vede dalle piccole cose, quando "train de vie" fu proiettato a venezia per i cinOfili (accrediti "culturali" e studenti) il regista si fermo' a parlare col pubblico, un po' in italiano, un po' in francese e un po' in spagnolo;
commovente il ritratto che da' dei comunisti soprattutto considerando che si tratta di una persona che fuggi' dalla romania di ceausescu.
Del film come non citare la battuta "gran parte degli ebrei ando' in India e gran parte degli zingari fini' in palestina"?
(come a dire: i nostri destini sono paralleli ed intercambiabili)
Berja, sono d'accordo, destini molto simili, sopratutto nella parte oscura dell'inconscio collettivo. Zingari ed ebrei errano e non riescono a suscitare negli altri l'unico sentimento alla base di una convivenza decente: l'indifferenza. (Rispetto e tolleranza mi fanno cagare anche nella questione mediorientale)
Comunque sto facendo la posta alla Fnac sia per questo Mihaileanu, che per Avanim di Raphael Nadjari (vedi Manifesto di 15 gg fa circa) e di
The Syrian Bride di Eran Riklis. Appena ci metto mano ti becco in qualche modo non ti preoccupare.