Piercamillo Davigo, Saverio Lodato, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, Marco Travaglio. Sul palcoscenico del teatro Dal Verme di Milano, una serata a ingresso libero per una presentazione di gruppo: Reperti di Raiot della Guzzanti, Molière di Rossi, Intoccabili di Lodato e Travaglio. Apertura per Davigo, che si limita a leggere un suo intervento di 20 anni fa, in cui metteva in guardia il mondo della magistratura nei confronti dei segnali di vittoria della mafia, con l'attacco ai giudici e il ribaltamento dei ruoli: colpevolizzazione dei magistrati e richiesta continua di "ritorno alla normalità". Discorso ahimé estremamente attuale e inquietante soprattutto considerando la continua attività di smantellamento dell'autonomia del potere giudiziario da parte del governo che per la prima volta nella storia d'Italia ha affermato che "con la mafia si deve convivere".
A seguire, Saverio Lodato, giornalista de l'Unità, enciclopedia vivente sulla mafia, che ha aperto qualche porta sulle storie torbide che hanno preceduto e seguito le uccisioni di Falcone e Borsellino.
Dopo l'intermezzo comico (la Guzzantisi si è lanciata nell'imitazione di Rocco Buttiglione che vuole dare il voto agli embrioni, Rossi ha proposto alcuni momenti esilaranti dei suoi ultimi lavori) ha preso il microfono Marco Travaglio, che ha riassunto oltre trent'anni di vita di marcello dell'Utri, con il sarcasmo feroce che solo lui sa mettere. Ma lo ha fatto da cronista di razza qual è, senza uscire per un solo istante dai fatti i quali - se raccontati in modo sequenziali e senza omissioni (come pochissimi ormai fanno) sono di per sé satira feroce e al contempo testimonianza agghiacciante di una realtà che permea la società italiana.
Va comprato, il libro di Travaglio e Lodato, e va diffuso. perché dice quello che altri non dicono, perché mostra senza possibilità di smentita le fondamenta di corruzione e malaffare su cui si basa il successo della cricca di Berlusconi, perché vale più di mille discorsi politici di capire perché questa gente sta devastando l'Italia.
PS la bella serata è stata purtroppo guastata da una gestione inaccettabile da parte dello staff del Dal Verme, un teatro la cui conduzione (ma questo lo si sapeva) non è adeguata agli investimenti profusi per il restauro.
Il pubblico (tra cui non pochi anziani) ha subíto un trattamento da lager, con tre code in sequenza, del tutto illogiche, inutili e pretestuose, imposte senza che nessuno si preoccupasse di spiegare perché diavolo la sala (che secondo il Corriere doveva aprire alle 20) alle 20,45 fosse ancora chiusa (è girata voce che la sala era ancora in fase di pulizia, ma quando mai). Le persone sono state costrette per quasi mezz'ora in un corridoio torrido, ammassate davanti a una tenda che nemmeno Ottavia Piccolo - portatrice di un messaggio "dall'alto" ad autorizzare il via libera in sala - è riuscita a far aprire fin quasi alle 21.
A questo si è aggiunto l'inutile presidio del "presidio al palcoscenico" da parte degli stessi sbirretti in divisa, che tentavano di impedire ad alcuni (non era dato di capire chi fossero i privilegiati con libertà di accesso e chi no) di salire, com'è d'uso, per una stretta di mano agli ospiti e una firma sul libro.
Ci è toccato discutere, facendo notare all'incolpevole ragazzotta messa a gurdia di un nulla che (1) le regole devono avere un senso, (2) che il diritto discriminato si chiama privilegio, che quella non era la sede giusta per fare questioni di principio, che la risposta
«ho ricevuto ordini» è sempre meglio evitarla perché evoca storie poco edificanti.
Insomma, una bella serata di cultura, informazione e democrazia si è svolta in un ambiente socialmente inquinato, omologato al più cialtrone classismo che dilaga.
Straordinario in questo senso il tizio (direttore artistico? PR? generico coordinatore? product manager della sala? boh?) in abito grigio, che un po' si aggirava con attitudine prona, un po' stava seduto a bordo palco per sottolineare di essere uno "che conta", un po' girellava con fare indaffarato, accucciandosi ciclicamente di fronte agli ospiti, sussurrando loro nell'orecchio, gongolando a ogni cenno di assenso, per quanto frettoloso e infastidito fosse.
Considerazione amara: c'è poco da fare: la convivenza di arroganza e servilismo fa parte del nostro Dna, non c'è iniezione di Travaglio che possa guarire in fretta chi ha scelto di vivere - come chi ha gestito ieri il Dal Verme - una vita da lacchè. Che tristezza.
(probabilmente inutile) mail al presidente del Dal Verme
Massimo Colalrini
Buonasera. Solo poche parole di apprezzamento per i contenuti della
serata con Travaglio, Guzzanti eccetera e - al contempo - di totale
biasimo per il comportamento dello staff del dal verme, che ha brillato
per incapcita', arroganza, mancanza di professionalita'. Il fatto che un
evento sia gratuito non autorizza a trattare gli spettatori come avete
fatto voi stasera. Altri commenti qui
http://www.onemoreblog.org/archives/006511.html