L'omeopatia, l'illusione e la lezione
di Pietro Greco
«La fine dell'omeopatia»: forse il titolo dell'editoriale con cui The Lancet apre il numero giunto ieri in edicola è perentorio e, quindi, un po’ imprudente. Ma il succo della metanalisi (l’analisi comparata di 110 diverse ricerche scientifiche sull’efficacia di altrettanti diversi trattamenti omeopatici) effettuata dall’equipe svizzera di Matthias Egger e pubblicata sul medesimo numero della rivista medica inglese, davvero non lascia adito al dubbio: la medicina fondata oltre due secoli fa da Samuel Hahnemann e praticata, nel nostro paese, da 12.000 medici che si prendono cura di oltre 7,5 milioni di pazienti, non funziona. O meglio, altro non è che un sofisticato (e costoso) placebo. Una somministrazione di acqua fresca. Non guarisce per la sue proprietà intrinseche. Ma guarisce, in alcuni casi, solo chi ci crede e riesce così a mobilitare inconsciamente contro la malattia il proprio sistema immunitario.
Sulla base di questi dati, che peraltro confermano una lunga serie di ricerche scientifiche, The Lancet giunge a due conclusioni. Assolutamente condivisibili. La prima è che i medici che praticano l’omeopatia devono dire chiaro e tondo ai propri assistiti che le cure omeopatiche non danno alcun beneficio. La seconda che i medici - tutti i medici - devono riflettere sulla richiesta di attenzione e di cura personalizzata avanzata, in maniera più o meno esplicita, dai loro pazienti.
La prima conclusione - o, se volete, il primo appello - di The Lancet non è nuovo nel mondo scientifico. Ogni volta che una cura omeopatica è stata sottoposta a prove scientifiche di efficacia - per esempio, con il metodo del doppio cieco - non le ha mai superate. Lo studio di Matthias Egger e collaboratori non fa altro che confermare questo dato. Rilevando non solo che i farmaci omeopatici perdono sempre in ogni analisi comparativa con i farmaci proposti dalla medicina convenzionale. Ma anche che i farmaci omeopatici mostrano di avere la medesima efficacia di un farmaco placebo, ovvero di un falso farmaco (in genere acqua zuccherata) che viene somministrato a un paziente facendogli credere che sia un farmaco specifico. Le prove in cui i farmaci omeopatici sembravano essere leggermente più efficaci dei placebo erano in realtà prove a piccola scala, suscettibili di errori. Nella prove a larga scala, in cui l'errore sperimentale viene minimizzato, l'equivalenza tra farmaci omeopatici e placebo è virtualmente assoluta.
D’altra parte, sostengono molti analisti, non potrebbe essere diversamente. La medicina omeopatica contraddice, talvolta alla radice, molto di quello che sappiamo di chimica, di farmacologia e di statistica. Essa si fonda, infatti, su due principi generali. Il primo è che il simile cura il simile, principio che non è affatto verificato in ambito farmacologico. Il secondo è che una sostanza deve essere estremamente diluita, affinché non arrechi danni all'organismo. Il guaio è che la diluizione cui gli omeopati sottopongono le loro sostanze curative è così spinta che, sostiene la statistica, nel prodotto finale non c'è praticamente traccia della sostanza iniziale. Gli omeopati sostengono che questo non è un problema. Perché il diluente, l'acqua, conserva «memoria» della sostanza iniziale. E con la memoria conserva anche la sua capacità curativa. I chimici sostengono che non c'è possibilità alcuna che questo accada. Perché non c'è possibilità alcune che l'acqua liquida conservi la memoria e addirittura le funzioni delle sostanze con cui una qualche sua molecola è venuta in contatto.
A queste obiezioni, per così dire, teoriche e di metodo, gli omeopati rispondono: però funziona. Molti malati, curati con la nostra medicina della diluizione, guariscono. Così è la scienza che deve dare prove di umiltà e accettare un dato che non è in grado di spiegare.
È questa obiezione che risponde la metanalisi di Matthias Egger. Non è vero, sostiene il ricercatore svizzero, che le cure omeopatiche funzionano. Esse non sono più efficaci di un placebo in ogni e ciascuna circostanza. Esse sono un placebo.
Ma perché il placebo (compreso il placebo omeopatico) talvolta funziona? A questa domanda non sappiamo rispondere in maniera esaustiva. Perché non conosciamo abbastanza la nostra mente. Non conosciamo abbastanza il nostro corpo (in particolare, il sistema immunitario). E non conosciamo abbastanza il rapporto tra la nostra mente e il nostro corpo. Nulla di misterioso o esoterico, tuttavia. La guarigione da placebo (ovvero di chi assume un falso farmaco credendo che sia un vero farmaco) risiede nel fatto che la convinzione e la determinazione a guarire da una malattia stimolano il sistema immunitario e, quindi, aiutano l'organismo ad attivare tutte le risorse autoterapeutiche che ha a disposizione. Risorse che non sono poche.
La vicenda della medicina omeopatica potrebbe essere chiusa qui. Essa non è altro che una medicina placebo. Con tutte le virtù e tutti i limiti dei placebo. Tra questi ultimi il più grave è l'impossibilità a curare malattie che richiedono terapie che sono fuori dalla portata del sistema immunitario e dal gioco tra mente e cervello. L'omeopatia genera illusioni. E talvolta queste illusioni possono rivelarsi pericolose per la salute fisica e psichica dei pazienti. Per questo The Lancet chiede ai medici di dire chiaro e tondo ai loro assistiti che i farmaci omeopatici non hanno alcuna efficacia specifica. I pazienti, noi tutti, abbiamo diritto di sapere per fornire il nostro consenso informato alle cure che ci vengono proposte.
Tuttavia questa considerazione (l'omeopatia è un placebo) e quest'appello (che i medici lo dicano chiaro e tondo) non esaurisce il discorso. Se tante persone, persino e forse soprattutto tra gli strati più acculturati delle popolazioni occidentali, si rivolgono a una medicina «alternativa» è perché si ritengono insoddisfatti della medicina convenzionale.
La quale, pur avendo enormi virtù, ha molti torti. I principali tra questi ultimi, forse, sono tre: la medicina convenzionale non sempre si sottopone o si è sottoposta a test di efficacia (insomma, non sempre è davvero scientifica); spesso si dedica più alla lucrosa cosmesi dei clienti (aderendo a richieste meramente consumistiche del mercato) che non alla cura faticosa dei pazienti; che appare fredda e distaccata, impersonale, a chi, ammalato, ha invece un particolare bisogno di calore e di umana solidarietà.
Con le sue cure personalizzate, la medicina omeopatica fornisce l'attenzione umana che il paziente giustamente chiede. Nel decretare la «fine dell'omeopatia» per plateale mancanza di prove di efficacia, The Lancet ammonisce i medici a non dimenticare la grande lezione, ippocratica, di questa medicina alternativa: l'attenzione alla persona. L'umanità.