Cosa cerchiamo oltre l’Ulivo
di Fulvia Bandoli
Vinte le elezioni politiche, consolidato il risultato con quelle amministrative, adesso comincia la difficile prova del governo. Con il «No» chiaro e tondo uscito dal referendum possiamo dire che si apre una nuova stagione per il Paese. A margine di questi processi politici importanti si è naturalmente riaperta la discussione sul nuovo soggetto politico unico (alcuni lo chiamano partito democratico, altri lo chiamano Grande Ulivo, altri ancora partito democratico e riformista...). Due motivazioni principali sostengono questa scelta , a detta di alcuni, irrinunciabile: la necessità di unire insieme le grandi tradizioni della politica italiana (laica, socialista, cattolica e liberaldemocratica) e lo stallo (la incapacità ad espandersi) che stanno vivendo elettoralmente e socialmente i due partiti principali della coalizione di centrosinistra. Sulla prima motivazione potrei osservare che quelle tradizioni politiche convivono già da tempo, le une accanto alle altre, in diversi partiti politici (non è forse vero che nei Ds ci sono già tutte e che anche nella Margherita non c'è soltanto la cultura cattolica?), e si potrebbe anche aggiungere che altre ve ne sono, spesso poco considerate ma più moderne, come quella ecologista e quella nata dal pensiero sulla differenza di sesso. Dunque è assai riduttivo pensare l'incontro delle culture politiche solo partendo da quelle dei primi decenni del secolo scorso! Mentre sulla seconda motivazione si potrebbe dire che rispondere alla modesta capacità espansiva di due partiti politici tradizionali... con la creazione di un altro partito politico tradizionale che li mette insieme, non pare proprio la migliore delle innovazioni. Ma non voglio banalizzare una discussione seria e dunque vorrei affrontarla da un altro punto di vista. Provo ad esaminare, per una volta, le opinioni che sento diffusamente tra le persone, tra gli elettori, tra gli iscritti, in quel famoso territorio nel quale dovremmo essere radicati. E a metterle a confronto con le cose che invece sento circolare nei gruppi dirigenti nazionali.
Per questi ultimi il nuovo partito si formerà attraverso lo scioglimento di Ds e Margherita, anche se non dovrà essere solo la somma di questi due. Dovrà coinvolgere movimenti, associazioni, comitati, personalità... buoni propositi che ho sentito tante altre volte, ma che non ho mai visto realizzati. Perché tra le ragioni principali della poca forza espansiva di questi due partiti vi sono proprio la persistente diffidenza verso la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche, l'incapacità a rapportarsi a qualsiasi movimento e associazione, la chiusura e la gestione sempre meno democratica e sempre più personalistica della loro vita interna.
Sul territorio invece sento con molto più realismo (parlo degli iscritti ai due partiti) la preoccupazione per i molti dissidi locali, per le differenze sostanziali su vari temi, valga per tutti quello sulla laicità dello stato, unita all'angoscia di viversi sempre in perenne transizione verso un altro soggetto politico che non si sa ancora quale collocazione avrebbe in Europa (fuori o dentro la casa del socialismo europeo si chiedono, per esempio, gli iscritti ds?).
Ma sul territorio sento anche tutta la diffidenza e l'indifferenza di coloro (elettori non iscritti) che pur votando convintamente per l'Ulivo non hanno il benché minimo desiderio di vederlo trasformato in un partito politico. Anzi direi che lo votano proprio perché non è un partito politico, ma piuttosto una lista unitaria, un raggruppamento ampio di forze diverse che hanno in comune il programma di rendere l'Italia più giusta e solidale. Sono giovani, uomini e donne dai lavori più diversi, ecologisti, pacifisti, liberi professionisti, riviste (a volte organizzati in associazioni o comitati o molto più semplicemente collegati al mondo e tra loro attraverso la Rete... questo formidabile e fortissimo «filo» che per tanti politici ancora non esiste), che ci chiedono unità d'azione al governo e chiarezza sulle riforme da fare, che rivendicano forme per partecipare in prima persona al confronto ma non hanno nessuna intenzione di entrare a far parte di un partito tradizionale e dei suoi molti riti, perché fanno politica con i loro tempi e a volte si prendono anche lunghi distacchi. Sono centinaia di migliaia di persone che amano l'impegno sociale, che hanno forti passioni politiche e civili (o magari solo una... per la difesa della Costituzione, per la scuola, per la ricerca, per i diritti del lavoro, per la libertà nell'informazione, per la giustizia, per la pace,) e forti principi. Persone che pur non entrando in un partito ne conoscono e ne rispettano il ruolo nella società e nella democrazia, che si confronterebbero volentieri con i partiti se questi ultimi sapessero trovare la volontà, le forme e i modi per farlo.
Questo è quel che sento tra la gente, e non mi pare affatto in sintonia con ciò che si discute nei gruppi dirigenti dei due partiti in questione o nelle elite politiche.
Fare di Ds e Margherita un partito solo non è la richiesta che ci viene da coloro che hanno votato l'Ulivo. Forzare oltremisura quel voto sarebbe un errore.
Rispondere che il partito democratico non sarà solo questo, dire che andrà oltre significa dare una risposta vecchia e un po' logora... oltre che cosa? Oltre la sinistra e oltre il centro dicono alcuni, perché sarebbero definizioni oramai prive di senso. Come priva di senso sarebbe la prospettiva di un socialismo democratico e dei cittadini. Non ho mai ritenuto la sinistra o il centro pure definizioni o semplici luoghi fisici. Sia la sinistra italiana che il centro democratico sono rappresentati da milioni di donne e uomini, sono valori e principi, lotte fatte o da fare, appartenenze, radicamenti sociali, sono differenze serie che non hanno impedito e non impediranno di governare insieme il Paese ma che non potranno essere cancellate con un appello volontaristico.
All'ultimo congresso dei Ds la Mozione Ecologista, che io e altri decidemmo di presentare per rompere gli schemi sempre uguali del gioco interno al partito e per evidenziare i temi della sostenibilità dello sviluppo, prendeva posizione anche sulla proposta del partito democratico. La rimettiamo oggi sul tavolo della discussione. E ci fa piacere che anche Bruno Trentin, che seguì con interesse il nostro lavoro al tempo del congresso, ne abbia scritto e parlato proprio su l’Unità.
L'ipotesi più rispondente a ciò che è diventato l'Ulivo, in questi dieci anni, nella politica e nella società italiana non è il partito democratico ma un movimento federativo, una Federazione di partiti politici che conservano un loro profilo autonomo e un loro radicamento sociale, e sullo stesso piano e con pari dignità e peso i rappresentanti di quei movimenti e associazioni che di volta in volta riterranno di farne parte. Una Federazione è l'esatto contrario di un partito unico e anche nelle forme del confronto con la società può essere più innovativa, flessibile ed aperta rispetto ai partiti che sono indubitabilmente formazioni politiche più rigide.
La proposta del partito democratico riempie pagine e pagine di giornali da diversi anni, accelera e decelera a seconda dei momenti politici. Non pare illegittimo chiedersi cosa sia che ha sempre bloccato sulla soglia della scelta i gruppi dirigenti dei due partiti principali. A questa domanda bisogna rispondere con franchezza e verità. Oggi mi sembra che l'ordine delle priorità sia declinabile così: governare bene l'Italia in modo da farla crescere più giusta socialmente e più sostenibile ambientalmente, contenere gli sprechi e recuperare parti sostanziali dell'evasione fiscale, dotarsi di una visione dello sviluppo capace di fare i conti con il mondo e con l'Europa, avere una politica estera, sostenere la ricerca e la formazione per superare lo scarto qualitativo con i paesi più avanzati, dotarsi delle infrastrutture necessarie ed essenziali nei settori primari che sono i trasporti, le reti di ogni genere, i servizi al territorio e alle città, riconvertire e diversificare il modello energetico nazionale.
È il governo la prova più difficile. È su questo che dobbiamo concentrare i nostri principali sforzi. Se poi si vuole discutere della crisi dei partiti politici tradizionali bisogna avere il coraggio di guardare che cosa sono diventati. Non serve a nulla lanciare sempre il cuore oltre gli ostacoli. Ogni tanto bisogna vederli, nominarli e scavalcarli con la forza delle idee, della politica e anche con sano realismo.
Perfettamente d'accordo.
Mi ritrovo perfettamente in quella figura di cittadino impegnato, sensibile in particolare ad alcuni temi, che sostiene appassionatamente le "ragioni" della sinistra, rispetta il ruolo dei partiti nella democrazia pur "restio" ad entrarci, ecc. ecc.
Questa discussione sul "Partito Democratico" mi sembra lontana anni luce dai veri problemi.
Il problema è invece quello di una classe dirigente più moderna, disposta a confrontarsi con i cittadini e con i movimenti civili democratici di ogni tipo(associazioni, comitati, ecc.).
La premessa è quella di "esserci" tra la gente, cioè conoscere quel che si muove (difficile se ci si chiude nei palazzi a parlare di concetti astratti) e poi riconoscere dignità alle varie istanze dei cittadini e, quando c'è (non sempre), anche la loro validità e/o rappresentatività.
E si badi bene, il confronto non significa partecipare a qualche assemblea o conferenza per dire "bene, bravi, sono d'accordo" per ricevere gli applausi (e poi magari non fare niente, o quasi - o perchè erano solo promesse "da marinaio" o perchè più semplicemente mancavano di realismo).
No, il confronto è, lo dice la parola stessa, mettere a confronto le possibilità della politica (es per un amministratore locale vincoli legislativi, di bilancio, richieste contrarie, ecc. ecc.) con le proposte degli interlocutori, magari anche per dire dei "NO, così non è possibile" ... non per chiusura ma invece per cercare insieme delle soluzioni diverse e praticabili (a volte dei "compromessi" nel senso più nobile che si può dare a questa parola).
Non è impossibile. Accade. Ho partecipato recentemente ad un seminario, presente una Presidente di Municipalità (donna), dove è regnata questa concretezza, la voglia di cercare insieme (associazioni, cittadini e istituzioni) delle soluzioni praticabili.