Ci aspettavamo altro
di Marina Boscaino
È soprattutto doloroso. Ma è anche tanto imbarazzante. Per 5 anni consecutivi il momento della presentazione della Finanziaria ha dato il via - per me come per altri - ad una serie di interventi a scuola, nelle assemblee sindacali, sul nostro giornale, per denunciare la noncuranza e la facilità con cui il governo Berlusconi si accingeva a falcidiare la scuola italiana. Pensavo, speravo che quel triste rituale si fosse concluso l’11 aprile. Ed è doloroso (e anche imbarazzante) constatare che non è così.
Il disagio è forte. La delusione è cocente. Martedì sera Giuliano Cazzola - economista e supporter di Berlusconi - ha potuto affermare, senza essere contraddetto da nessuno, che ad ogni insegnante italiano - in media - corrispondono soltanto 11 alunni. Il che evidenzierebbe un rapporto alunni-insegnanti molto più basso in Italia che negli altri paesi europei. Fin da quest'estate il ministro dell'Economia Padoa Schioppa ha individuato nella scuola un capitolo di spesa sovrabbondante, uno spreco, lamentando un numero troppo elevato di docenti rispetto agli alunni. Da una parte tale affermazione ci rammenta la distanza - colpevole e siderale - tra scuola e mondo accademico, di cui il ministro fa parte. Dall'altra ci induce a ribadire un concetto che evidentemente non si ritiene necessario prendere in considerazione (altrimenti, come si potrebbe continuare a tagliare sugli insegnanti?).
È vero, nel nostro paese il rapporto alunni/docente è per la scuola dell'infanzia 11,8 (contro una media Ocse del 20,2); per la primaria 10,5 (contro il 17,4); per la secondaria 9 (contro il 13,8). Ma questi numeri da soli non dicono niente (o fanno arrivare a conclusioni errate) se non vengono confrontati con ulteriori fattori; per esempio, il numero di ore di insegnamento - molte di più in Italia, soprattutto per effetto del tempo pieno e del tempo prolungato o, alle superiori, per l'elevato numero di discipline. Nel rapporto numerico alunni/docente sono poi inseriti i dati relativi agli alunni diversamente abili - e quindi i docenti di sostegno (80.000). Solo questi due dati indicano come - paradossalmente - nel nostro paese esperienze rilevanti e uniche rispetto al panorama europeo (come l'integrazione in classe degli alunni diversamente abili, che altrove sono affidati a istituzioni esterne) diventino penalizzanti e addirittura un boomerang per colpire la scuola. Il numero dei giorni di scuola è inoltre superiore in Italia (200) rispetto alla Spagna (164) e alla Francia (172).
È da ricordare anche che nella cifra degli insegnanti entrano i 25000 insegnanti di religione cattolica, i circa 140000 precari e che tutti i docenti italiani svolgono attività (prescuola, compresenza, mensa) in altri paesi affidate ad altri soggetti. In ultimo, la particolare conformazione del nostro territorio rende necessaria (e sacrosanta) l'istituzione di scuole in piccole isole e zone di montagna, con la stragrande maggioranza dei comuni al di sotto dei 5000 abitanti. Non sono dati inediti, né valutazioni particolarmente acute. Il problema è capire fino a che punto quell'idea di inclusione sociale che - secondo il programma della coalizione di governo - dovrebbe ispirare l'azione dell'esecutivo sia realmente condivisa da tutti. Forse non si tiene sufficientemente in conto il ruolo importante che il mondo della scuola ha avuto nella vittoria elettorale. O forse, in maniera se possibile ancora più miope, si preferisce ignorare che un paese che voglia realmente crescere (nell'economia, nella cultura, nella democrazia) non può che investire sulla scuola. Una realtà troppo complessa e particolare perché si possa intervenire in modo tanto drammatico - tagliando posti di sostegno e del personale Ata, intervenendo drasticamente a modificare il rapporto alunni/insegnanti, eliminando (come la Moratti aveva fatto) l'organico funzionale, abolendo dai criteri di formazione delle classi la deroga là dove siano presenti alunni con handicap - senza destare la sana indignazione di chi quotidianamente spende la propria vita a scuola. E di chi - cittadini, i tanti che si sono mobilitati negli ultimi 5 anni - ritiene che la scuola pubblica sia il principale luogo della tutela, dell'integrazione, della difesa dei valori civili e democratici. Ignorare queste voci equivarrebbe a disattendere un mandato che gli elettori hanno dato anche pensando alla scuola pubblica. Vorrebbe dire comprimere in criteri esclusivamente economici esperienze didattiche e modelli educativi di cui il nostro Paese deve essere orgoglioso.
L'idea di scuola che un governo ha è fortemente indicativa dell'idea che quel governo esprime della società e del mondo che vuole. La difficile e aspra campagna elettorale dello scorso anno ha puntato in maniera inequivocabile sulla scuola, convincendoci che sarebbe stata una delle basi del tempo di edificare. E ci è piaciuta un'idea di società che partisse da una scuola forte, consapevole, in grado di incidere profondamente.
Ora - pare - ci stanno dicendo che non era esattamente così. O che avevamo capito male. Che i risultati dell'investire sulla scuola, non essendo immediatamente quantizzabili in termini economici, hanno scarsa attrattiva. E, ancora, che i pregiudizi che sono legati alla scuola italiana sono talmente radicati da non poter essere superati, nonostante l'evidenza, nonostante la buona volontà. Nonostante, direi, proprio le cifre e i dati sui quali il ministro Padoa Schioppa ha concepito la sua particolare opera di riedificazione. Perché quelle cifre, proprio quelle, pongono assieme a molte altre valutazioni - paradossalmente - il problema contrario: quello della scarsa considerazione (economica, sociale, professionale) di cui il personale docente gode in questo paese. Riparlare della professione docente e provvedere immediatamente a rispettare la promessa dell'elevamento dell'obbligo scolastico a 16 anni - altro punto chiave del programma dell'Unione, un provvedimento di civiltà, di democrazia e di equità sociale, e allo stesso tempo uno strumento di valore didattico notevole - sono impegni a cui questo governo non può sottrarsi. Parlare di obbligo significa fare esplicito riferimento al dettato costituzionale - che però prevede almeno 8 anni di scuola. I tempi (corroborati dalle dichiarazioni contenute nel programma dell'Unione) sono maturi per procedere all'innalzamento dell'obbligo. Ma le condizioni in cui sta maturando il dibattito politico anche in questo ambito suscitano non poche perplessità. Una lettura di tale provvedimento alternativa allo stare a scuola, al fare scuola è un'altra insidia che si rivelerebbe esiziale per la scuola, ma anche per la credibilità del governo. Nulla più di due ulteriori anni di condivisione e di apprendimento di conoscenze può mettere i ragazzi italiani nelle condizioni di procedere con maggiore consapevolezza ad una scelta che solo a quel punto potrà determinarsi in un'alternativa tra istruzione e formazione professionale. L'innalzamento si pone come una vera conquista di civiltà che rende la scuola istituzione garante di pari opportunità per tutti i cittadini italiani, indipendentemente dall'estrazione sociale, dal sesso, dall'etnia, dalla religione. Non è più tempo di pensare all'istruzione e alla formazione professionale come modelli di esistenza alternativa per i ragazzi di età inferiore ai 16 anni; tale alternativa impone una dicotomia ormai insostenibile tra luogo del sapere astratto e luogo della deprivazione: di diritti, di opportunità, di crescita culturale e civile.
E ora chiudo. Vado a seguire un convegno organizzato dall'Ulivo il cui titolo suona oggi vagamente beffardo: «Sapere, sviluppo, equità. La scuola, l'università, la ricerca per il futuro dell'Italia».
Il problema è -al solito- la qualità della spesa.
Da noi il grosso è fatto x mantenere un esercito di dipendenti pubblici e precari solo la metà dei quali (ad essere gentili) è essenziale al buon funzionamento della scuola.
Tipico: gli ospedali servono a mantenere gli infermieri, la scuola gli insegnanti, la forestale le guardie forestali. E' il famoso cannocchiale al contrario.
I docenti dovrebbero essere di meno, più selezionati, pagati il doppio e valutati anno x anno.
povera itaglia!!!
meglio andare in guerr...pardon...pace, spendervi miliardi e fabbricare poveri eroi, demonizzare gli islamici e gli extracomunitari, tutte cose che distraggono il popolo bue unitamente, beninteso, agli immancabili programmi culturali quali: isole, grandi fratelli, wild west, pacchi e pacchetti, porte a porte e compagnia cantante nonchè vita, opere, miracoli di attori ed attrici, cantanti e presentatori, re e regine (che bello aver saputo da tutti i giornali che carlo d'inghilterra si fa cuocere ogni mattina sette uova!!! - notiziona imperdibile), miliardari vari e così via.
D'altra parte la "squola" che ci serve è quella che ci insegna il minimo per poter partecipare alle gare di pacchi e pacchetti, quiz vari e demenziali per poter guadagnare senza fatica milioni e milioni alla faccia di chi deve lavorare 10 ore al giorno e più per uno stipendio di 1000-1300 euro al mese!
Bisogna capire i nostri poveri sgovernanti: scuola e sanità hanno un costo elevato e nell'immediato non hanno un "ritorno", quindi...a mare (a meno che si tratti di finanziare istituti e scuole, cliniche e laboratori privati, meglio se di impronta cattolica romana, allora la sinfonia cambia!)
Mi fermo perchè le bestemmie stanno sgorgando spontanee ed irrefrenabili.
ciao dedalus/angelo, mentre condivido il discorso sulle selezioni e sulla valutazioni dei meriti, non sono interamente d'accordo col tuo discorso.
i soldi sono un punto ma lo snodo vero e' "il problema [...] della scarsa considerazione (economica, sociale, professionale) di cui il personale docente gode in questo paese."
la proposta concreta avanzata nell'articolo, cioe' l'innalzamento dell'obbligo (=mirare ad alzare il livello) e' ragionevolissima e condivisibile. in ogni caso, non si deve pensare di smontare per poi rimontare, che siamo vicini allo sfascio; non rendersene conto e' semplice incoscienza.
il problema è stato centrato da dedalus con rara e perfetta sintesi.
Bravo
Il problema è la qualità della spesa.
La scuola nonostante la quantità enorme di denaro utilizzato è al di sotto degli standard europei come ha certificato l'Ocse pochi giorni fa.
Quindi una ristrutturazione si impone e può (non ho detto deve ma può) anche partire dalla razionalizzazione delle spese per il personale che assorbe il grosso della spesa senza verifiche di congruità.
Il succo è confrontiamoci sul problema avendo ben presente che l'obiettivo è una scuola capace di costruire buoni cittadini e buoni lavoratori (che hanno flessibilità e conoscenze in grado di metterli al passo con la domanda).
Parliamo di tutto senza tabù compresi il numero e la qualità del corpo insegnante (e non docente)
Stesso discorso per il resto della PA non è più il momento di recinti sacri per nessuno.
Bravo dedalus, le argomentazioni di quelli che difendono gli insegnanti sono ridicole. La qualita' del'insegnamento in Italia e' terribile. Forse perche' almeno cosi' o prof. possono fare lezioni private IN NERO!!!
Purtroppo è vero.
La ricerca recentemente conclusasi (e durata anni) dimostrò come la scuola italiana sia caratterizzata da
1)una spesa tra le più alte
2)un numero di ore scolastiche tra i più alti
3)un rendimento tra i più bassi.
L'equazione mi pare semplice
Un bell'applauso per Mauro e Dedalus, che sicuramente hanno avuto pessimi insegnanti e sono imbottiti di luoghi comuni. L'Ocse può aver scritto anche la Bibbia, ma la realtà è un'altra: si vuole demolire la scuola pubblica addossando la colpa agli insegnanti, che "lavorano poco, guadagnano troppo, bla bla bla".
Purtroppo il problema vero è strutturale e comune al pubblico impiego. Non c'è possibilità di licenziamento per chi non svolge il proprio lavoro, altro che "valutazione della qualità"!
In ogni caso, a tutti quelli che si riempiono la bocca sull'orario di lavoro degli insegnanti consiglierei di badare a casa propria: l'erba del vicino è sempre più verde, e non dico altro.
Non lo so. Io ho un corrispondente americano (NYkese) che fa l'insegnante di storia. Da loro. Dove fanno il patentino alle scuole in base a criteri tipo "se la gente ha basi di matematica, d'inglese, di storia". E dove le scuole sono finanziate in base all'esito del patentino. Allora: lui dice che l'insegnante americano tipo, che fa otto ore nell'istituto scolastico a metà dello stipendio dei nostri insegnanti se è in una scuola frequentata da persone disagiate/discriminate, ottiene proprio per forza di cose risultati minori in realtà come quelle. è anche uno che oltre alla laurea per insegnare ha frequentato sei anni di corsi + tirocinio cercando ovviamente di mantenersi in tutti i modi possibili. e ha fatto comunque per scelta le scuole dove ci sono disagiati/discriminati, per una cosa come '76 - '2005. Un pacco di anni. Ora è alla Stuyvesant (che in compenso è attaccato a Ground Zero). Però non so veramente chi ha ragione: gli "ideologici" di sicuro, è un pacco tutto 'sto continuo prendersela non con persone, ma con una categoria, così; dall'altro quella parte di "cialtroni" che vorrebbe maggior formazione, professionalità, magari un pizzico di "competitività con amor proprio", non ha tutti i torti.
Carolina
Carolina, spiegami un po' come fa il tuo corrispondente americano a prendere 600 euro al mese e vivere a NY. Inoltre, cosa significa "otto ore"?
Tanto per chiarire, perché secondo me a quello stipendio uno a New York può fare giusto il barbone.
Wallace, hai in mente cose tipo Katrina? ecco. non è una società egualitaria. ma davvero. se sei interessato ad approfondire, scrivimi in privato.
C.
No, forse non ci siamo capiti. Volevo davvero sapere se lo stipendio è quello che ho detto e quale orario fa. Per capire meglio la situazione, non per fare polemica gratuita. Che c'entra Katrina?
c'entra. prendi non so se seicento, perché non so i rapporti di potere d'acquisto USA - UE, ma comunque colà prendi gli euro - dollari al mese che si guadagnano qui con un (in termini di ore) part - time. e come "optional", a parte la frustrazione, hai che: i tuoi disagiati/discriminati possono spararti; una non eccelsa legalità in genere; se per caso scioperi sei considerato un fiancheggiatore, dei "neri", non dei fascisti.
Carolina
se mandi la finanza un pomeriggio a casa di qualche professoressa di matematica puoi scoprire circa un terzo dell'evasione fiscale in Italia. Questo vale anche per i nobili che hanno avuto il lusso di andare in pensione a 40 anni. Tutti col doppio lavoro. Quando iniziera' la finanza a fare controlli a casa di questi professori? Dai, ci vuole poco.
ma, Mauro!!! allora fai controlli sugli aggiustatori di motociclette direttamente. perché no??? in fondo, se uno non dichiara molto, *potrebbe essere* che rifornisce al qaeda!!! ma dai!!! il principio è giusto, nessuno deve fottere o fare il fancazzista sulle spalle degli altri, però nella pratica ci son cose molto più serie, gravi e condannabili.
C.
n bell'applauso per Mauro e Dedalus, che sicuramente hanno avuto pessimi insegnanti e sono imbottiti di luoghi comuni.
Non direi proprio (ho fatto un liceo piuttosto buono, con insegnanti allora considerati discreti). Ma vedo quello che fanno i miei figli.
Un continuo tourbillon di insegnanti, la metà dei quali sta mesi in malattia o dio sa dove, alcuni buoni e altri no. Una montagna di libri,quasi tutti scritti da ignoti, materie e sottomaterie: cultura generale quasi zero (eh sì che a casa ci danniamo a farli leggere qualche classico).
Ed in particolare: modesta comprensione delle idee generali; e vi assicuro che non sono i peggiori della classe, anzi.
Il tutto, poi, affogato nella zuccherosa sangria di un generico buonismo catto-comunista e multiculturalista (nel senso deteriore).
"Tipico: gli ospedali servono a mantenere gli infermieri, la scuola gli insegnanti, la forestale le guardie forestali."
dedalus fallo tu l'infermiere, turni del tipo pomeriggio-mattina-notte in 2 giorni, non confonderli con gli insegnanti.
Riposi qunado capita, prestazioni aggiuntive a poco più di 1000 euro al mese (1200 per i professionali), con responsabilità di vita umane.
Per tua informazione, il rapporto nr infermieri/nr abitanti in Italia rispetto alla media europea è tale che andrebbero assunti 60000 infermieri.
Se puoi vogliamo parlare delle agenzie di lavoro interinale che forniscono infermiere rumene che non sanno neppure parlare italiano e non sono in grado di cambiare una flebo, quello è un altro discorso e sfondi una porta aperta. Ma si tratta di un caporalato legalizzato e li le direzioni sanitarie sono la vera fonte di sperpero da colpire.
Rientrando sul discorso della scuola: ci sono insegnanti ed insegnanti. Chi ha troppi diritti ed è tutelato ed incapace e chi è capace e precario.
Quindi generalizzazione del piffero lasciamole perdere.
Grazie.
Caro dedalus, io lavoro nel privato ed ho un collega che prende ferie/permessi e un sacco malattie (inventate?), quando è al lavoro fa danni, è incapace ed ha uno stipendio più alto del mio.
Il mio medico di base è sempre in ferie e lo sostituisce un collega nello stesso paese che mi fa fare 3 ore di sala d'attesa per una ricetta o un'impegnativa (oltretutto devo ricontrollare mentre le stampa perchè le sbaglia, l'ultima volta gli ho fatto ristampare un'impegnativa 3 volte perchè sbagliava la combinazione degli esami).
Però m'incazzo con quel medico o quel collega, non con la categoria intera.
Lasciamo perdere l'articolo che a mio avviso mette insieme troppe cose e rischia di fare confusione.
Proviamo piuttosto a ragionare sulle parole di Dedalus che personalmente (nella parte conclusiva) condivido.
"I docenti dovrebbero essere di meno, più selezionati, pagati il doppio e valutati anno x anno".
Aggiungerei FORMATI prima di essere assunti e durante il loro servizio.
Aggiungerei che non basta valutarli ma devono essere previste forme di valorizzazione del merito (sostanzialmente in termini di progressione di carriera e valorizzazione economica) e sanzione del demerito (fino al licenziamento in casi estremi).
Rimane da capire cosa si intende per "devono essere di meno". Dedalus propone "la metà": la prendo come una provocazione perchè per il sistema di educazione e formazione di cui abbiamo bisogno in Italia servono molti insegnanti in più. Altro che in meno.
Fin qui la filosofia. Proviamo però a sporcarci le mani con i maledetti numeri?
Io suggerirei uno schema simile: aumento del 50% dello stipendio base, aumento del 120% delle ore di presenza a scuola (e saremmo comunque a 38 ore settimanali come quasi tutti i comuni lavoratori), riduzione del personale in misura meno che proporzionale all'aumento delle ore(diciamo di un terzo?).
Avremmo così un aumento del 50% delle ore/uomo a fronte di una invarianza della spesa.
E la cosa più bella è che tutto ciò avverrebbe senza licenziare nessuno visto che da qui al 2010 andrà in pensione circa il 50% del corpo insegnante...
a me la proposta di innalzare l'orario a 38 ore mi sembra un po` in contrasto con quella di alzare il livello. ma discutiamola: 6 ore al giorno per 6 giorni fanno 36, le restanti due che facciamo, un paio di messe a posto del prete? (per curiosita' hai mai insegnato?)
38 ore a scuola non vogliono dire 38 ore in aula. Però consentirebbero di fare (molto piu' di oggi) della scuola un luogo dove si apprende.
Comunque concordo: discutiamone.
Ho insegnato ma non ho mai fatto l'insegnante (nel senso che ho tenuto dei corsi, ma non faccio il Prof)
grazie, immaginavo una cosa del genere. anche a me e' capitato ma non so se hai mai parlato per 4 ore di seguito. ti assicuro che non e' facile.
cmq, era chiaro che non intendevi 38 ore in aula, pero' sarebbe bene se chiarisci cosa hai in mente. io parto dal pregiudizio che il tempo vivo di un insegnante sia quello in cui insegna, e penso che con compiti in classe et similia, tra spiegazioni ed interrogazioni non si possa andare sopra 4 ore al giorno.
test
Caro Dedalus:
Ma vedo quello che fanno i miei figli.
Un continuo tourbillon di insegnanti, la metà dei quali sta mesi in malattia o dio sa dove, alcuni buoni e altri no.
Il "tourbillon" è dovuto all'organizzazione scolastica, quindi ai burocrati che lavorano 36-38 ore la settimana (a loro nessuno rinfaccia l'orario!), ma nei famosi "tre mesi" (che in realtà sono due) estivi non sono in grado di gestire l'assegnazione delle cattedre, grazie anche a leggi e regolamenti ai limiti della fantascienza.
Una montagna di libri,quasi tutti scritti da ignoti, materie e sottomaterie: cultura generale quasi zero (eh sì che a casa ci danniamo a farli leggere qualche classico).
Ed in particolare: modesta comprensione delle idee generali...
Mai sentito parlare di riforme della scuola? di decine di materie e sottomaterie che hanno spezzettato l'orario dando niente a tutti?
Se qualche avventuroso insegnante volesse provare ad "approfondire" qualche argomento sarebbe poi sommerso dall'attacco a tenaglia dei genitori, che difendono i loro "bambini" dalla cattiveria di questi docenti che li vogliono far studiare, e della televisione, che è un ottima dimostrazione di come sia perfettamente inutile studiare per diventare insegnanti falliti, quando si può invece andar fieri della propria ignoranza che consente di far soldi a palate alla faccia del prof antipatico.
Il tutto, poi, affogato nella zuccherosa sangria di un generico buonismo catto-comunista e multiculturalista (nel senso deteriore).
Su questo non so che dire: i "catto-comunisti" (espressione orribile ed usata talmente tanto a sproposito da farmi drizzare i capelli) tra gli insegnanti mi sembrano meno che nel resto d'Italia, ma tant'è...
Tutti questi teorici del lavoro altrui dovrebbero provare ad entrare in una classe non nel Bronx americano, ma più prosaicamente in un Istituto tecnico (finché ce ne sono ancora) a fare 4 orette di lezione filate per poi andarsene a casa a preparare la lezione del giorno seguente, correggere i compiti assegnati, ecc. Credo che molti se ne tornerebbero tranquillamente in ufficio a fare non 6, ma 8 ore di lavoro, peraltro con pausa caffé, intervallino per andare a far spesa, due chiacchiere con il/la collega, ecc. (sono capace anch'io di trovare i difetti degli altrui lavori). P.S.: ho insegnato per una dozzina di anni e non parlo per sentito dire.
tutto comprensibile nel tuo sfogo, wallace.
tranne un paio di cosette che proprio non mi tornano:
1. perchè i compiti uno non può correggerli a scuola in sala professori? mica nei ritagli di tempo, ma semplicemente nelle 36-40 ore che potrebbero passare sul loro luogo di lavoro...
2. cosa c'entrano le riforme che spezzettano l'orario con il tourbillon di insegnanti?
PS: mi occupo di scuola da una decina d'anni e non parlo per sentito dire
Rispondo a Marco.
1. I compiti non li puoi correggere a scuola semplicemente perché non hai un posto dove stare. La sala professori è una specie di porto di mare, dove peraltro non c'è lo spazio per tutti gli insegnanti. Avessi avuto un posto dove stare a scuola per correggere i compiti, ti garantisco che lo avrei fatto. Mi piacerebbe molto (e molti insegnanti sono d'accordo con me) che quelle ore venissero una buona volta conteggiate "ufficialmente" in modo da piantarla con la fola delle "18 ore settimanali". Hai mai pensato che gli spazi costano? Il telelavoro non l'hanno inventato ieri.
2. Le riforme che spezzettano l'orario hanno a che fare con la frammentazione dell'insegnamento, non con il tourbillon di insegnanti. Per quest'ultimo bastano gli ex-provveditorati e le segreterie delle scuole, che devono affrontare graduatorie che variano ogni anno e leggi e regolamenti che cambiano ancora più spesso. Sono stato precario per quasi dieci anni, ma molti colleghi non sono stati fortunati come me e lo sono da molto di più: questo vuol dire che ogni anno non sai cosa farai l'anno dopo (se avrai una cattedra o incarico temporaneo), puoi immaginare quale motivazione hai per costruire un rapporto con la scuola nella quale lavori.
Nota che non tutti gli insegnanti sono bravi/motivati, ma questo deriva anche dall'assurdo meccanismo concorsuale una tantum che non prevede alcuna verifica ed alcuna possibilità di revoca delle funzioni. Questo però è comune a tutto il settore pubblico, non ai soli insegnanti!
P.S. In che senso ti occupi di scuola? Io ho fatto l'insegnante, e tu?
Partiamo dalla fine: me ne occupo sia per ragioni professionali che per l'hobby che mi sono scelto, la politica.
Sull'ultima parte concordo con un caveat: quello che mi piacerebbe saltasse definitivamente è esattamente il "meccanismo concorsuale", come lo chiami tu. L'idea che un insegnante (con tutto quello che rappresenta per il futuro dei miei figli e del mio paese) venga reclutato nello stesso modo di un impiegato delle Poste mi fa ribrezzo (con tutto il rispetto per i postini, ovviamente).
Sul precariato, personalmente sostengo da tempo che ora (con l'autonomia) non è più solo un fatto immorale, ma è soprattutto il nemico numero uno del sistema: come fai a gestire la progettazione di un'offerta formativa se non sai nemmeno chi saranno i tuoi insegnanti del prossimo anno? come fai a progettare la tua didattica se non sai dove insegnerai il prossimo anno?
Devi ammettere però che non può più essere un alibi per non riformare alcunchè.
Sul tuo punto 1 invece semplicemente dissento: nel definire cosa serve alla scuola per funzionare meglio, i metri quadri non possono essere un vincolo...
Se interessa, comunque, sul mio blog nella sezione idee trovi parecchi post un po' più argomentati sulla scuola.
caro marco,
scusa la lunga lettera ma ti devo dire molte cose.
per adesso l'unica cosa che capisco dai tuoi interventi successivi alla proposta shock (38 ore) e' che vorresti che gli insegnanti correggessero i compiti in classe e magari preparassero le lezioni a scuola. cosa che oggi fanno a casa, in ore che non sono esplicitamente conteggiate. non capisco 1) che c'e` di male a lavorare a casa 2) come il tipo di cambiamenti che proponi (che per altro anche io come wallace trovo di utilita' opinabile) potrebbe migliorare il sistema scuola 3) se pensi che la conclusione che si devono construire scuole piu' grandi sia una priorita' per la scuola. (ma forse hai degli altri punti validi da difendere.)
sui concorsi apparentemente c'e` un accordo tra te e wallace, ma mi sembra che lui parli di controlli della qualita' e tu invece di controlli sull'accesso. non c'e' contraddizione, ma non e' la stessa cosa, e penso che il punto di wallace non sia meno critico del tuo. mi piacerebbe per altro sapere che ne pensi del meccanismo che al momento regola gli accessi, la cosiddetta ssis. a me sembra una forma di truffa legalizzata, e spero non sia li' che hai insegnato.
sul precariato, vorrei solo aggiungere la chiosa che non e' solo un problema delle scuole, ma anche quello di persone che sono cittadini a meta'. (insomma torno sul punto del rispetto verso gli insegnanti, sollevato dalla boscaino, su cui non capisco se tu ti voglia confrontare o meno)
approfitto per un ultima cosa. conosco insegnanti che (nel loro tempo libero e gratis) aiutano gli studenti piu' bravi a prepararsi ad entrare nelle migliori universita'; ed altri che organizzano conferenze per la cittadinanza (sempre a tempo perso e gratis). direi che vale la pena di commentare esperienze come queste e di pensare come valorizzarle.
un saluto
Caro Beppe, giusto due parole per dirti che non c'è nulla di male a lavorare a casa: l'unico problema è che quelle ore che tu fai sono "invisibili" e questo, nella nostra società dell'apparire, è un peccato mortale. Allo stesso riguardo, Marco dice che i metri quadri non possono essere un vincolo: non capisco (scusa ma sono abituato a pensare al pratico) se vuol dire che dobbiamo metterci pigiati uno sull'altro in sala insegnanti o che le scuole devono trovare degli spazi. Nel secondo caso mi vorresti gentilmente dire dove troviamo i soldi per farlo?
Per tutti e due, quando ho parlato del meccanismo concorsuale, dirò che non ho alcuna fiducia in questo tipo di modalità. Penso che sia meglio un reclutamento di tipo "privatistico" legato indissolubilmente a controllo della professionalità (fatto dai pari, non da burocrati o "enti" più o meno accreditati) e possibilità di mobilità/licenziamento (!) per chi non è adatto a questo mestiere. La ssis è il solito escamotage all'italiana per tirar su un po' di soldi dai precari, basti pensare che la maggior parte dei docenti ssis sono professori universitari che non hanno mai insegnato nelle scuole inferiori.
Infine, ringrazio beppe per aver citato in positivo la disponibilità di alcuni insegnanti (come in tutte le categorie ci sono persone diverse!) che cercano disperatamente di fare bene il proprio lavoro.
ciao wallace, volevo solo esortare marco a chiarire il suo pensiero, con una serie di domande precise; e se la mia lettera suonasse sgarbata o sarcastica me ne scuso non era mia intenzione. (con te invece mi trovo d'accordo senza riserve, e mi fa piacere cmq che hai chiarito ulteriormente la tua proposta)
scusate il ritardo.
Ribadisco che per sapere come la penso sarebbe meglio leggere quanto pubblicato sul mio blog
Un solo cenno sulle siss e sui concorsi: il principio delle ssis è valido, il modo in cui è stato applicato no (si veda il mio post "vox populi"); i concorso andrebbero aboliti e sostituiti da selezione prima e valutazione poi
ciao,
m