Indigeni, al cinema
Venerdì pomeriggio, tutte le classi dell'ultimo anno vanno al cinema a vedere
Indigènes, bel film presentato e premiato all'ultimo Festival di Cannes. Portare fuori i ragazzi è sempre bello, però è anche un momento difficile perché ci rendiamo conto che molte delle cose che ormai ci sembrano più che accettabili in classe, fuori non lo sono per niente. Anche noi ritroviamo un punto di vista normale, e non quello un po' distorto da prof.
Ogni classe deve avere almeno un accompagnatore, e io accompagno i ragazzi che fra pochissimi giorni, con me e due colleghi, vedranno Roma. Appuntamento, dopo pranzo, direttamente al cinema, multisala immenso della loro città. Ogni insegnante deve acquistare i biglietti per la propria classe. Accanto alle tre casse, ci sono molti videogiochi. Non avevo mai visto una roba del genere, videogiochi in un cinema, ma così è; i ragazzi si sentono a casa loro e si comportano di conseguenza.
Dico ai miei: “Mettetevi là in fondo ché faccio l'appello e vi do i biglietti”. Ovviamente all'appello mancano 5 allievi che intanto chiacchierano con gente a me sconosciuta semisdraiata sulle poltroncine dei videogiochi. Un paio arrivano con la sigaretta in bocca, li prego di smettere subito e li sento sussurrare che sono liberticida. Dietro ogni biglietto c'è lo sponsor, il McDonald, e per ogni biglietto c'è un omaggio: biglietto sconto per un BigMac o un non so che. Iniziano a scambiarseli, secondo i gusti e le religioni; è polemica. Come i miei colleghi, dico che devono entrare con me, poi dentro potranno sedersi con chi vogliono. Mai visto tanto ordine sparso, di tutte le classi, ma 180 diciassettenni non sono roba da poco e se iniziano a muoversi in modo anarchico è finita. Non so come né perché, ma prima o poi tutti entrano. Noi ci mettiamo un po' ovunque per sorvegliare le truppe: con la collega di ginnastica mi metto vicino ai sorvegliati speciali della mia classe e a delle gente che non conosco. Ricordo di spegnere i cellulari. Pubblicità, quindi casino. Poi il film e quasi subito è silenzio. Il film piace moltissimo, ma questo lo racconterò poi.
Fra lattine di coca-cola che fanno psccc, cellulari ovviamente accesi che si illuminano qua e là, il film va avanti e interessa grandi e piccini. Dopo un'oretta, inizia il movimento: due ragazze vanno in bagno, un altro si alza, cinque cambiano posto. Poi arriva una ragazza di una classe che non ho e mi dice: “C'è uno in terra” “Uno che?” “Un alunno, sdraiato; secondo me o dorme o è in coma”. Sudori freddi per me, la collega di ginnastica, molto più a suo agio con alunni sdraiati e in posizioni non sedute, dice: “Va' a vedere chi è e torna” “Si chiama Benjamin” “Allora non è in coma, dorme, tranquilla” la collega rassicura. La ragazza insiste con me: “Secondo me è in coma e io ho perso il cellulare” “?” “L'ho perso e Benjamin…” “Ma come fai in una stessa frase a parlare di un possibile coma e di un telefonino?” “Oh, ma io l'ho perso il telefonino!” “Siediti e sta' zitta”.
Alcuni dei miei, che comunque restano fra i più esportabili, fanno foto allo schermo del cinema, chiacchierano fra di loro. Un laser rosso illumina lo schermo, non è dato sapere chi sia il genio che ancora si diverte con 'ste cose. Muore un protagonista, silenzio, non c'è più la musica, quindi è il buon momento per ruttare.
Il film finisce, tutto sommato tutti noi l'abbiamo potuto vedere bene, è davvero bello e importante. Applausi e poi tutti fuori. Ci rendiamo conto che quello in coma e un suo amico hanno vomitato su tutte le poltroncine di una fila. Chiamiamo i loro insegnanti, mentre i ragazzi, sempre debolissimi, stanno in terra. Sono ubriachi fradici, dobbiamo chiamare le famiglie, il preside, scusarci con quelli del cinema. Io vado fuori a vedere che fine hanno fatto i miei; in grande forma, sigarette e cellulari accesi, mi dicono che uno dei due ubriachi già venerdì scorso ha passato un paio d'ore in questura “perché fumava delle cose che non si dovrebbero fumare”. Mi parlano come se venissi da Marte.
Arriva una giornalista, si presenta con tanto di microfono in mano. Lavora per la radio della cité, una radio che fa molto per l'inserimento dei ragazzi in difficoltà. Vuole intervistare alcuni alunni, chiamo il più presentabile, un ragazzo d'oro, faremo bella figura. Poi vuole intervistare un insegnante di storia, arriva il povero collega che intanto sta gestendo genitori increduli alla notizia del bambino che ha bevuto del vino.
Alla fine di tutto, ci rendiamo conto che in sala c'era anche della gente normale, che ha pagato il biglietto per vedere un bel film.