Perché boicotto i tassisti

boicotto i tassisti milanesi

Avevo scritto questo post in tempo di lockdown (giugno 202), ma lo riporto in cima a luglio 2023 perché i concetti espressi sono validi anche oggi. La lobby dei tassisti continua a creare problemi ovunque, senza che la politica accenni a trovare soluzioni che ristabiliscano il ruolo di “servizio pubblico” che costoro da tempo non svolgono.

 

In questo disgraziato lockdown la solidarietà è dovuta a tutti, ma quando si tratta di tassisti diventa sempre più difficile resistere all’impulso di mandarli a quel paese. Io non resisto più e boicotto i tassisti, a partire da quelli della mia città: Milano. Spiego perché.

Un tempo fiore all’occhiello del trasporto pubblico milanese, prima con la Multipla verde e nera poi con la 124 gialla, da amici della città disponibili e collaborativi sono diventati negli anni prepotenti, miopi, lobbisti fino al midollo e sempre più strumento di guerrilla delle aree politiche più becere e sovversive.

Siamo in lockdown, il mondo si è fermato. Già l’idea dello sciopero per il crollo della domanda a causa della pandemia è un controsenso (contro chi scioperate? Contro i turisti costretti a restare a casa loro?), ma come puoi arrivare a chiedere soldi a fondo perduto (perché di questo si tratta) a un Comune arrivato a indebitarsi al punto da dover ridurre l’assistenza ai disabili per poter sostenere chi ha meno di niente?

Premessa: i tassisti sono una lobby a cui viene accordata un’attenzione sproporzionata al reale valore sociale ed elettorale. La loro forza si basa sul ricatto politico (sospendere un servizio pubblico) e la coesione di categoria sui loro pochi asset in contrasto con il bene comune:

  1. opposizione dura alle nuove licenze, per mantenere il valore delle medesime, fregandosene del fatto che a Milano ne servirebbero subito almeno un migliaio in più,
  2. turni autodeterminati e irrispettosi delle necessità (per cui i taxi non si trovano nei momenti in cui servono di più, tipo quando piove),
  3. prezzi superiori alla gran parte del resto del mondo,
  4. frequente mancanza dei sistemi di pagamento elettronico, ormai imprescindibili,
  5. da ultimo: la connivenza pelosa da parte di gran parte della della politica costantemente a caccia di consenso, a qualunque costo.

Le sparate contro le piste ciclabili del presidente di Radiotaxi 4040 e le petizioni (ovviamente benedette dall’opposizione soprattutto di destra, in particolare la Lega, tradizionalmente ideologica e strumentale) confermano la miopia di una categoria di lavoratori incapace di vedere l’evoluzione della società e adeguarvisi.

Si lamentano del troppo traffico, ma ce l’hanno con ogni tentativo di ridurlo. Eppure  non ci vorrebbe molto a capire che in una città in cui il traffico privato viene disincentivato tutti i servizi pubblici lavorano di più e meglio, taxi compresi. Macché, i tassisti protestano pervicacemente a ogni ciclabile e a ogni zona pedonale, come se il divieto di circolare riguardasse loro anziché gli stolti che portano i figli in auto alla scuola che sta a 500 metri da casa.

Da non-utilizzatore dell’auto privata in città sono stato un cliente importante dei taxi fino al momento in cui mi sono ritenuto danneggiato come cittadino. L’impossibilità di trovarne uno alle prime gocce di pioggia, la frequenza di autisti nervosi e aggressivi nella guida, l’imposizione di conversazioni mai cercate e spesso sgradevoli, il costante sfogo rancoroso contro l’amministrazione pubblica (e non solo quella di centrosinistra, era la stessa storia anche con Moratti), unitamente alla frequente puzza di fumo in auto mi hanno esasperato.

Da anni li boicotto e vivo benissimo con le soluzioni alternative, sempre senza usare la mia auto in città. Questa scelta ha prodotto ogni anno per la categoria la perdita di un fatturato di circa diecimila euro. Se poi lo scrivo in qualche dibattito sui social ecco subito uno di loro che mi copre di insulti (da “zecca comunista” al classico  “sinistro“, da “radical chic” a “ha parlato il pirla in bicicletta”, ma anche un più banale “testa di cazzo”, per dire). A quelli meno incivili a volte rispondo, usando sempre lo stesso argomento: se un cliente della mia azienda annulla un contratto non parto dal presupposto che sia un imbecille (o una “zecca”), al contrario mi domando dove abbiamo sbagliato e come possiamo rimediare per riconquistare la sua fiducia. Invece i tassisti questa domanda non se la pongono mai, vivono nella certezza che  il mondo ce l’ha con loro, che nessuno capisce nulla di mobilità, che l’assessore è un coglione e io una “zecca comunista” a prescindere.

Ho quindi deciso che non avranno più i miei soldi, almeno fino a quando capiranno che per avermi come cliente devono fare una revisione totale al loro senso civico. Con buona pace delle eccezioni, che non sono poche, ma neppure abbastanza per spostare il mio giudizio globale sulla categoria.

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