Storia di un ministro leghista esperto di otturazioni
di Oreste Pivetta
Uomo di denti, di capsule e di otturazioni, bergamasco duro e crudo, precursore per tradizione familiare del Bossi pensiero al grido di «Bergamo nazione, tutto il resto è meridione», Roberto Calderoli rischia sul più bello di mancare l’appuntamento. Dopo aver montato e smontato i gazebo della Lega, tra il Monviso e Pontida, dopo tanto sudore e tante parole, dopo aver fissato il suo pensiero nelle pagine del volume “Mutate Mutanda”, s’era sistemato tra i saggi di Cadorago facendo a fette la Costituzione insieme con il salame. Formidabile incassatore (pare che il capo lo definisse amabilmente «democristiano di merda»), straordinario epuratore (per la facilità con cui cacciava i dissidenti dal partito, pure suo cognato Luigi Negri), era riuscito grazie a quell’agosto in trattoria a conquistare le stanze ministeriali e i corridoi di Roma ladrona, Ministro, giusto per completare l’opera. Alla soglia dei cinquant’anni (è nato il 18 aprile 1956) ce l’aveva quasi fatta, con un miracoloso intruglio di premierato forte, devolution e, purtroppo, di interesse nazionale.
La sua costituzione non avrebbe passato l’esame di un corso di educazione civica alla scuola media e non avrebbe superato quello ben più severo del referendum, ma un Calderoli tra i costituzionalisti oltre che tra i dentisti di Bergamo sarebbe stato un bel premio per la famiglia. Chissà se le dimissioni saranno vere o se da «democristiano di m.» avrà solo cercato di ingarbugliare le carte a suo vantaggio, un po’ di voce grossa per spaventare il cosiddetto “premier forte”, su istigazione del convalescente Bossi, che quand’era in salute il giochetto l’aveva fatto decine di volte. Il Calderoli è uomo di pensiero oltre che di principi (costituzionali) e la tattica l’avrà studiata bene, a quindici giorni dalle elezioni, quando poteva intravvedere il rischio di dover rinunciare a presentare nelle sue valli la carta della libertà padana.
Il ministro della repubblica non è detto che non possa però far marcia indietro, per spirito di servizio nell’interesse della patria padana: attende un cenno da Bossi e un altro di Berlusconi. Il ministro è anche uomo d’obbedienza, un po’ balilla (dell’Umberto), un po’ orecchio sensibile ai rumori di Arcore. Perché la doppiezza di un democristiano del tipo dipinto da Bossi non gli manca e gli ha pure procurato qualche antipatia all’interno del popolo padano. Dopo l’esordio che gli aveva consentito di sfiorare nel sentimento pubblico un esemplare come Borghezio, quando ad esempio proponeva la castrazione per gli stupratori, «un colpo di forbice non necessariamente sterilizzata», o quando tornando da una visita alla caserma di Bolzaneto confidava: «Ho parlato con uno dei ragazzi fermati e non mi ha detto assolutamente nulla. Ricordo che era pugliese ed era intatto», l’estate di Cadorago e la poltrona romana ne avevano addolcito la tempra. Aveva cullato il sogno della successione, ma il Bossi s’è ripreso e non gli avrebbe mollato mai l’eredità per diffidenza.
Chissà se Calderoli riuscirà a toccare il cielo dei costituzionalisti e quello della Padania, una Padania corrotta ormai, perché, parole sue in linea con Tremaglia, «la civiltà gay l’ha trasformata in un ricettacolo di culattoni», mentre «facciamo un peccato a lasciar perdere tutto quel ben di Dio che c’è in circolazione». Si sente la classe dell’uomo e del saggio...
Tranquilli, le ha già "congelate" (le dimissioni)
sentite adesso basta, per Bossi! Io ci voglio proprio bene a questo carisimo Calderoli.
e'una persona intellicente e ci ha fatto anche il ponte di legno a mio nonno immigrato dal sude che si e' ngojato una scheggia e e'morto zoffogato. era diventato verde di rabbia pero.Lui e'un bravo ministro che dice cosa pensa e fa cosa dice . peccato che la pensi e la faccia cosi. pensa peresempio "merda..." , la dice e la fa....
ci voglio proprio bene a calderoli mio, e lo rivoto..... si.....