Paolo Poli: un’aristocratica solitudine

Paolo Poli

DOMANDA. Il Sinodo dei vescovi si è spaccato sui diritti delle coppie omosessuali. Che ne pensa?
RISPOSTA. Se posso esser sincero, mi è sembrata una solenne rottura di coglioni.
D. Addirittura?
R. Si tratta di discussioni eterne, che ricordo da sempre e mai giunte a conclusione. La verità è che in Italia esiste un solo sovrano: il pontefice.
D. E dunque?
R. Sui diritti degli omosessuali facciano un po’ quel che vogliono.
D. A lei non interessa?
R. Ho vissuto in un’epoca in cui quelli come me e Pier Paolo Pasolini vivevano in una sorta di condizione aristocratica. Cioè, di totale solitudine.
D. Appunto. Non le pesava?
R. Non sopporto le storie stile romanzo di Delly, in cui tutto finisce bene e cioè nel matrimonio con la marcia nuziale.
D. Ce l’ha con chi si batte per l’uguaglianza dei diritti?
R. Certo che no. Ma non mi interessa molto quel che fanno. Gli uomini vogliono sposarsi tra di loro? Per me va bene. Punto.
D. Ne sembra quasi infastidito.
R. No, però che barba: mi dà noia il matrimonio normale, figuriamoci il resto. Preferisco la gioia che mi ha sempre procurato l’avere gli ormoni un po’ scombinati.
D. È bello avere «gli ormoni scombinati», come dice lei?
R. Un capolavoro come Madame Bovary comincia col matrimonio e finisce con il veleno. Bellissimo. È il contrario dei Promessi sposi.
D. Da omosessuale non ha mai avuto problemi?
R. Beata solitudo, vera beatitudo. Tutti siamo un po’ scombinati. Chi possiede un po’ di cervello sta benissimo anche da solo.
D. Può darsi. Ma lei non ha mai desiderato un figlio?
R. Se uno vuole un figlio, può adottarlo. Il resto, bah… I cardinali, i vescovi e il papa facciano il loro mestiere.
D. Dicono che famiglia vuol dire un papà e una mamma.
R. Sì, ma Gesù è nato da una madre vergine e da un padre putativo. Come famiglia, più disastrata di così non si poteva immaginare.

Da un’intervista rilasciata nell’ottobre 2014 a Lettera 43