Allora, è facile fare la pasta ai carciofi. Vanno bene anche le mammole, ma che siano fresche, quindi niente supermercato, si va dal fruttivendolo all’angolo, che ha la roba buona e se ti conosce sceglie il meglio. Per due persone ho preso tre mammole magnifiche per cinque euro.
Serve anche un quarto di cipolla, olio, un po’ di menta o prezzemolo e 170 grammi di pasta buona. Io qui ho usato le mezze penne rigate integrali di Rummo.
Preparo una bella ciotola piena d’acqua fredda e ci spremo mezzo limone. Taglio i gambi dei carciofi appena sotto il corpo, li pulisco bene e li metto nella ciotola d’acqua. Tolgo le foglie esterne senza pietà, fino a trovare quelle in cui la parte chiara e morbida arriva più o meno a metà foglia. Sempre senza pietà taglio la parte alta del carciofo, pulisco bene il fondo esterno tutto intorno. Divido il carciofo pulito in quarti e taglio le barbe centrale, divido in due ogni quarto e metti gli ottavi che ho ottenuto nell’acqua e limone.
Trito fine un quarto di cipolla e metto a scaldare l’acqua della pasta.
Recupero i gambi, li taglio molto sottili e li metto assieme alla cipolla per il soffritto. Metto l’olio nel wok (coi carciofi non mi piace il burro), scaldo, aggiungo trito di cipolla e gambi tagliati sottili, salto appena e abbasso il fuoco. Lascio stufare bene facendo attenzione a che la cipolla non imbiondisca troppo, eventualmente aggiungendo pochissima acqua bollente dalla pentola della pasta.
Quando il soffritto è pronto (a me piace che quasi si disfa, non voglio sentire la croccantezza della cipolla nella pasta) finisco sfumando con un po’ di vino bianco per dare una punta di acidità, alzo l’induzione per far evaporare l’alcol e aggiungo i carciofi a fette. Li salto appena, poi abbasso l’induzione e aggiungo poca acqua in modo che non attacchino.
Butto la pasta mettendo il timer su un tempo di circa 2/3 rispetto alla cottura indicata.
Salo i carciofi e li faccio cuocere a fuoco medio-basso, aggiungendo acqua poco a poco dalla pentola della pasta, in quantità appena sufficiente a evitare che attacchino.
Quando il timer suona passo la pasta nel wok col ramaiolo, aggiungo menta (o prezzemolo) e peperoncino, alzo il fuoco e spadello a lungo, incorporando man mano acqua pescata dalla pentola di cottura della pasta. Spadello fino a che sparisce l’anima dura della pasta, spengo il fuoco e continuo a spadellare per incorporare l’umidità residua e ottenere la giusta mantecatura. A questo proposito: ho scritto “la giusta mantecatura” per dire che il piatto deve essere legato, ma senza eccesso, che non se ne può davvero più delle paste annegate nella cremetta, ancor meno se ottenuta col metodo barbaro del frullatore.
Se la pasta è buona l’amido di cottura è più che sufficiente a creare una mantecatura adeguata. Dopo un paio di minuti di fuoco spento, ovvero quando la temperatura è scesa sotto i 70 gradi, aggiungo una dose abbondante di parmigiano. Completo la mantecatura spadellando con energia e aggiungendo pochissima acqua di cottura per incorporare bene il formaggio nella mantecatura.
Metto nei piatti e completo con un’ultima grattata di parmigiano reggiano, perché come diceva mio padre “quello messo prima non conta”.
Vista la stagione in cui scrivo (fine novembre) ci ho bevuto un magnifico Beaujolais Nouveau di Georges Duboeuf, il mio preferito, appena arrivato nei negozi, purtroppo difficile da trovare in Italia. In altre circostanze scelgo un rosso poco invecchiato ed erbaceo, primo tra tutti un buon cabernet franc friulano.