Piccolo decalogo sul sionismo

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Tempi bui in cui i termini “sionismo” e “sionista” sono usati dagli strilloni proPal come sinonimi di “assassino”, “genocida”, “criminale”, eccetera, sottinteso “ebreo”. Considero quindi prezioso il post con cui Roberto Damico rimette a posto le cose. Lo salvo qui, perché non si perda nei meandri dei social e resti a disposizione come utile riferimento per confutare la propaganda antisemita.

Alcuni concetti non sono materia di opinione, ma si fondano su fatti storici, principi di diritto e definizioni condivise: non si discute se l’acqua sia H₂O o se il fuoco bruci. Allo stesso modo, anche il sionismo ha un significato preciso, fondato su dati storici e morali. Ogni sua distorsione nasce da ignoranza, propaganda o malafede. Ecco dieci punti fermi, necessari per riportare il dibattito su basi razionali e non ideologiche.

1. “Io sono sionista”
Essere sionista significa riconoscere e sostenere il diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione nella sua terra d’origine, Eretz Israel. È un’affermazione di dignità nazionale, non un’opinione politica tra le altre. È l’esatto parallelo di ciò che ha mosso i popoli colonizzati a cercare la propria indipendenza: un movimento di liberazione e non di oppressione.

2. “Il sionismo riconosce agli ebrei ciò che si riconosce a ogni altro popolo”
Come ogni altro popolo, anche gli ebrei hanno diritto a uno Stato sovrano nella loro patria storica. Parlare di “colonialismo” è una forzatura storica: non si colonizza ciò che è tuo da millenni. Gli ebrei non sono un corpo estraneo in Medio Oriente, ma una delle popolazioni più antiche della regione.

3. “Non si può ridefinire il sionismo per demonizzarlo”
Il sionismo non è né suprematismo né espansionismo. Chi lo descrive in questi termini perpetua stereotipi antisemiti. Ridefinire un movimento di liberazione come ideologia oppressiva è una violenza semantica, utile solo a giustificare l’odio.

4. “Il sionismo va definito dai suoi sostenitori, non dai suoi detrattori”
Solo chi appartiene a un’identità può definirla con autenticità. Come nessuno accetterebbe che siano altri a dire cosa significhi essere palestinesi, neri o curdi, lo stesso vale per il sionismo. Chi ne parla da esterno per condannarlo, spesso lo fa senza ascoltare chi ne è portatore.

5. “Dire che il sionismo è razzismo è un atto di antisemitismo”
Nel 1975 l’ONU, per motivi geopolitici e sotto pressione dei regimi arabi e sovietici, approvò una risoluzione (3379) che equiparava il sionismo al razzismo. Fu un insulto alla storia ebraica e un abuso linguistico. La revoca nel 1991 fu un atto di giustizia. Ripetere oggi quell’equivalenza è solo una forma aggiornata di antisemitismo.

6. “Il sionismo non nega i diritti dei palestinesi”
Il conflitto israelo-palestinese è reale e doloroso. Ma il riconoscimento del diritto di Israele a esistere non esclude quello di un futuro Stato palestinese. Il sionismo, in sé, non è un ostacolo alla pace. Lo è, invece, chi nega a uno dei due popoli il diritto alla sovranità.

7. “L’antisionismo è spesso l’ultima maschera dell’antisemitismo”
Non tutto l’antisionismo è antisemitismo, ma quasi tutto l’antisemitismo oggi si traveste da antisionismo. Negare solo al popolo ebraico un diritto che si riconosce a tutti gli altri è discriminazione. Cambia la lingua, ma non l’intento.

8. “Il sionismo è una storia di riscatto e liberazione”
Dopo secoli di persecuzioni, ghettizzazioni, espulsioni e infine la Shoah, il sionismo ha offerto agli ebrei la possibilità di autodeterminarsi. È il corrispettivo ebraico di ciò che furono il Risorgimento per gli italiani o l’indipendenza per l’India. Criminalizzarlo significa rifiutare la legittimità dell’identità ebraica.

9. “Il sionismo è plurale”
Non esiste un solo sionismo. Esistono sionisti religiosi e laici, progressisti e conservatori, pacifisti e falchi. Confondere il sionismo con le politiche di un singolo governo israeliano è come confondere l’idea di Italia con il governo in carica. È una semplificazione utile solo a delegittimare.

10. “Negare il sionismo è negare la storia ebraica”
Il sionismo è la continuità di una storia millenaria che parte da Gerusalemme e passa per Babilonia, Roma, Toledo, Cracovia e Vilnius. Non è una parentesi, ma la risposta storica a un’esistenza precaria e perseguitata. Chi lo condanna senza offrire alternative realistiche non combatte un’ideologia, ma nega un’identità.
Il sionismo non è perfetto, ma è legittimo. Chi lo combatte deve chiedersi: combatto davvero l’ingiustizia, o sto solo perpetuando una vecchia forma di pregiudizio con parole nuove?

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