Overtourism a Venezia e “turisti poveri”

Overtourism a Venezia

«Invasi da turisti poveri e senza meta: se non ci sono i ricchi chiudiamo. Non passa più quasi nessuno con borse provenienti da negozi di marca, come invece capitava in passato. Gli albergatori raccontano di un calo di presenze e lo stesso i ristoranti. Ci sono file alle fontanelle per prendere dell’acqua perché non si compra più nemmeno quella. Mi domando, ma dov’è la bella gente, quella interessata alla città, quella che porta davvero qualcosa alla città?». Sono le parole di Setrak Tokatzian, gioielliere e presidente dell’Associazione Piazza San Marco.

Ho frequentato assiduamente Venezia tra la fine del secolo scorso e gli anni Dieci, condividendo il crescente disagio dei residenti per un turismo che vedevo farsi di giorno in giorno più invasivo e minaccioso. In occasione di una festa del Redentore trascorsa all’Harris Dolci mi sono intrattenuto sull’argomento con Arrigo Cipriani, il quale capiva perfettamente che la situazione era destinata a peggiorare. E così è stato.

Overtourism a Venezia

I veneziani incarnano alla perfezione il detto “meglio un uovo oggi che una gallina domani“: hanno saccheggiato e devastato il gioiello in cui hanno avuto la fortuna di nascere per lucrare nell’immediato, fregandosene bellamente delle conseguenze future, prima tra tutte l’overtourism che la assedia oggi.

Hanno piazzato orribili bancarelle di mercanzia scadente sul ponte di Rialto e sulla Riva degli Schiavoni, aperto negozi di maschere fatte in Cina e takeaway di pizza al trancio precotta nelle calli storiche, autorizzato bed & breakfast allestiti in locali indecenti, tollerato spaccio di borse finte di Louis Vuitton e ristoranti scadenti col buttadentro indiano che accalappia i passanti. E su tutto il grande assente: lo scontrino fiscale quasi sempre non pervenuto.

Per alimentare questo commercio, venduto con ricarichi illogici ma comunque da quattro soldi, ci si è concentrati sulla quantità ignorando la qualità. Navi da crociera che vomitano migliaia di passeggeri ammesse sul Canal Grande fino al 2021, oggi parcheggiate a Marghera. Parcheggi sempre più grandi per le auto. Parcheggi sempre più grandi per gli autobus.

Overtourism a Venezia

Basta leggere i travelblog di tutto il mondo per capire che oggi la visita consigliata a Venezia è: arrivo in qualunque megaparcheggio, camminata in truppa fino al ponte di Rialto e foto, spritz annacquato in un bicchiere di plastica che spesso finisce in laguna, tramezzino (quando va bene) o pizza riscaldata spintonandosi nella ressa tra Campo San Bartolomeo e piazza San Marco, partenza.

Anche i bacari hanno dovuto adeguarsi, trasformandosi da luoghi di “ciàcole” rilassate a catene di montaggio dell’aperitivo. Polpetta di tonno o tartina col baccalà mantecato, bicchiere di vino, cassa, 20 euro, avanti un altro.

Overtourism a Venezia

Ho girato in maschera assieme ai veneziani a Carnevale, col mio vestito da Dottore della Peste, cucito da un’artigiana veneziana, ma oggi non potrei più farlo: la città si è data talmente da fare per rimpinzarsi di persone da essere invivibile a Carnevale, tanto che i veneziani se ne vanno o stanno tappati in casa. L’esercito di maschere (quasi tutte troppo sfarzose, quasi tutte scadenti) che si spintona nelle calli parla esclusivamente inglese, francese, cinese, coreano, giapponese, slavo, tedesco. Tutte le lingue, tranne il veneziano.

Mi spiace, ma per quanto ami Venezia non posso che dare ai veneziani la colpa per lo strazio a cui la città viene sottoposta ogni giorno. Anche perché nessuna amministrazione – destra e sinistra ugualmente responsabili e intimorite dalle lobby dei commercianti – ha mai tentato di impostare strategie che mirassero alla qualità del turismo anziché alla massa. E nessun cittadino di Venezia ha mai protestato per le bancarelle e la pizza surgelata.

Questo hanno seminato, questo raccolgono. Piangere oggi è quantomeno inopportuno e certamente inutile.