Putin e i maialini

Putin e i maialini

«L’Italia è l’unico Paese europeo che ha un pezzo enorme di sinistra, o pseudo-tale, in totale sintonia con Trump. Quelli che andavano in tv a chiamare il conflitto “la guerra di Biden”, trumpiani già prima del Trump bis; quelli che gridavano al maccartismo quando si denunciava la penetrazione della propaganda putiniana in Italia: c’è un mediocre storico stalinista, indignatissimo quando lo si considera per quel che è, ovvero un megafono di Mosca, in giro per sagre di paese a dire che “Putin va ringraziato” o in platea a Mosca per i festeggiamenti dei media di regime russi.» Un eccellente articolo in cui Stefano Cappellini dice le cose come stanno in Italia. Da La Repubblica.

I maialini di Putin, che ha sfondato in Occidente molto più che in Donbas

di Stefano Cappellini, da La Repubblica

Quando l’altro giorno Vladimir Putin ha detto che gli europei, da bravi “maialini di Biden”, pensavano di spazzare via la Russia in poco tempo, ci si è concentrati più sulla sguaiatezza dell’insulto che sul senso della frase. L’affermazione di Putin è infatti incredibile, presenta la Russia come fosse il vero Paese aggredito: ci hanno attaccato pensando che crollassimo, e invece no. Il rovesciamento della verità è doppiamente clamoroso perché, al di là dell’evidenza su chi abbia aggredito chi, è proprio Putin che confidava nel subitaneo crollo dell’Ucraina ed è stato smentito dalla realtà. Pensava sarebbe stato sufficiente l’assalto dei primi giorni per far fuggire Zelensky, implodere il Paese e insediare un governo fantoccio a Kiev. Invece, più di tre anni dopo, il formidabile esercito russo – quello che secondo gli agit-prop televisivi del Cremlino avrebbe dovuto “sventrare” l’Ucraina in tre giorni – è ancora lì a contendersi piccoli lembi di Donbas mentre lo zar cerca di farselo assegnare tutto a tavolino dal suo amico e sodale Donald Trump.

Molti in Occidente credono sia giusto quello che ha detto Putin. Credono che la Russia sia stata costretta a reagire a un assedio della Nato e che l’Ucraina sia solo uno strumento nelle mani dell’imperialismo yankee. Non è bastato nemmeno l’avvento di Trump, e la evidente posizione degli yankee oggi al comando a Washington, per spingere i teorici della “guerra per procura” a ravvedersi. Se gli ucraini si facevano scannare per conto degli americani, perché stanno ancora lì a resistere ora che gli Usa non chiedono loro che di arrendersi e deporre le armi?

L’Italia è l’unico Paese europeo che ha un pezzo enorme di sinistra, o pseudo-tale, in totale sintonia con Trump. Quelli che andavano in tv a chiamare il conflitto “la guerra di Biden”, trumpiani già prima del Trump bis; quelli che gridavano al maccartismo quando si denunciava la penetrazione della propaganda putiniana in Italia: c’è un mediocre storico stalinista, indignatissimo quando lo si considera per quel che è, ovvero un megafono di Mosca, in giro per sagre di paese a dire che “Putin va ringraziato” o in platea a Mosca per i festeggiamenti dei media di regime russi. Gente che si atteggia a martire della censura occidentale e va a baciare la pantofola a uno che gli oppositori li ammazza direttamente. Ex politici che scrivono libri intitolati “La Russia non è il mio nemico”, e con sprezzo del ridicolo presentano l’opera come fosse una samizdat clandestino, e rilanciano l’allarme ogni settimana in prima serata, vedi tu che censura implacabile: si sentono Solženicyn e stanno in tv più di Platinette. Esperti e giornalisti che giurano sull’inattendibilità di un attacco russo all’Europa, e magari stavolta hanno ragione, ma certo non depone a favore della loro credibilità il fatto che siano gli stessi, proprio gli stessi stessi, che a poche ore dall’invasione russa dell’Ucraina giuravano che non sarebbe mai avvenuta. Anzi, peggio: spiegavano che si trattava di una fake news occidentale. Demistificata da loro, che nel frattempo propalavano agli italiani le bufale di Peskov. Se a questi identikit non è associato un nome non è per timore o incertezza: sono, del resto, tutti personaggi riconoscibilissimi. Semplicemente devierebbe l’attenzione: non è importante chi, è importante cosa sta accadendo, e come.

La frase di Putin sui maialini parla alla nostra opinione pubblica molto più che alla sua. I russi, abituati a decenni di un regime che usava la menzogna con la frequenza del respiro, lo stesso nel quale si è formato Putin, in maggioranza sanno che peso dare alle loro verità di Palazzo. Da noi, invece, quelle frasi non solo vengono bevute con voluttà, ma passano addirittura per controinformazione, per sovversione della propaganda occidentale. Questo è il grande trionfo di Putin: le sue invenzioni prendono qui una veste addirittura scientifica e anticonformista. Se Putin dice alla tv di Stato che Mosca ha reagito a una aggressione, molti russi se la ridono amaramente sotto i baffi: è il Paese di Gogol’ prima che di Solovev. Se però gli stessi identici concetti di Putin li ripete un agit-prop nostrano, lo fa atteggiandosi a militante del contropotere, martire del libero pensiero. Un vero gioco di prestigio: metti la mano nel cilindro della disinformazione di una dittatura e tiri fuori una contro-verità da coraggioso sfidante del “pensiero unico dominante”.

Putin non ha vinto la guerra in Ucraina, come ripetono dal primo giorno i suoi cani da riporto occidentali. Anzi, il bilancio della guerra è fallimentare per la sedicente potenza militare russa. Ma ha sfondato sul fronte occidentale molto più che in Donbas.