In questo thread ho postato due commenti che mi piacciono, quindi li edito un po’ per per decontestualizzarli e integrarli tra loro e li salvo come nota. Sostanzialmente rispondo a chi sostiene la superiorità delle arti marziali cosiddette “antiche” nei confronti di quelle cosiddette “moderne”. Smitizzo il fine bellico delle arti marziali cosiddette “antiche” e sostengo che le arti marziali si sono sempre evolute con l’uomo e devono continuare a farlo se vogliono sopravvivere.
Premessa: il fine ultimo della pratica delle arti marziali orientali non è stato (solo) la guerra, ma fin dalle origini la costruzione della persona, dal punto di vista fisico e psicologico. Estremizzando, si può dire che la guerra sia un dettaglio e che fin dall’antichità le arti marziali siano state soprattutto una via verso il benessere: lo dimostra il fatto che le origini di *tutte* le arti marziali orientali risiedono in luoghi di religione.
Ancora: molti conoscitori sono concordi nel ritenere che la grande intuizione del leggendario personaggio citato per la prima volta attorno al 500 nelle Cronache di Luòyáng (Bodhidharma) fosse l’aver capito che un monaco medita meglio se si tiene in buona salute facendo anche esercizio fisico.
La marzialità deriverebbe dallo studio dei movimenti degli animali – che in genere si muovono per cacciare o difendersi – per creare quella prima, rozza ginnastica. Ed ecco spiegato (nella mia interpretazione) il contenuto marziale.
Ciò premesso passo al secondo punto: la superiorità delle arti marziali “antiche” praticate paro-paro è dunque una bufala, un non senso. L’uomo si evolve, la società si evolve e devono evolvere anche le arti marziali, anche se – ovviamente – nel rispetto dei principi fondanti, della “grammatica”, dei valori profondi. Ma devono evolvere.
Va detto che per fortuna in Cina (o a Hong Kong per quanto riguarda l’arte marziale del Sud) c’è sempre qualcuno, in genere meno visibile, che tramanda in purezza.