La bufala delle arti marziali “antiche”

In questo thread ho postato due commenti che mi piacciono, quindi li edito un po’ per per decontestualizzarli e integrarli tra loro e li salvo come nota. Sostanzialmente rispondo a chi sostiene la superiorità delle arti marziali cosiddette “antiche” nei confronti di quelle cosiddette “moderne”. Smitizzo il fine bellico delle arti marziali cosiddette “antiche” e sostengo che le arti marziali si sono sempre evolute con l’uomo e devono continuare a farlo se vogliono sopravvivere. 

Premessa: il fine ultimo della pratica delle arti marziali orientali non è stato (solo) la guerra, ma fin dalle origini la costruzione della persona, dal punto di vista fisico e psicologico. Estremizzando, si può dire che la guerra sia un dettaglio e che fin dall’antichità le arti marziali siano state soprattutto una via verso il benessere: lo dimostra il fatto che le origini di *tutte* le arti marziali orientali risiedono in luoghi di religione.

Ancora: molti conoscitori sono concordi nel ritenere che la grande intuizione del leggendario personaggio citato per la prima volta attorno al 500 nelle Cronache di Luòyáng (Bodhidharma) fosse l’aver capito che un monaco medita meglio se si tiene in buona salute facendo anche esercizio fisico.

La marzialità deriverebbe dallo studio dei movimenti degli animali – che in genere si muovono per cacciare o difendersi – per creare quella prima, rozza ginnastica. Ed ecco spiegato (nella mia interpretazione) il contenuto marziale.

Ciò premesso passo al secondo punto: la superiorità delle arti marziali “antiche” praticate paro-paro è dunque una bufala, un non senso. L’uomo si evolve, la società si evolve e devono evolvere anche le arti marziali, anche se – ovviamente – nel rispetto dei principi fondanti, della “grammatica”, dei valori profondi. Ma devono evolvere.

Nella mia famiglia dell’Hung Kyun di discendenza purissima c’è una ricodifica a inizio 1900 (Wong Fei Hung) e una costante ricodifica da parte dei suoi successori, cosicché l’Hung Kyun di oggi è perfettamente rispettoso dell’Hung Kyun di 100 anni fa, eppure si è evoluto. Proprio come l’Hung Kyun di Wong Fei Hung era un’evoluzione – ovviamente molto “kosher” – di quello dei suoi predecessori.L’importante è che chi evolve sia davvero in grado di poterlo fare (e qui sono molto selettivo, ritenendo che quel “poterlo fare” valga decenni di pratica assidua con un maestro di riferimento, il riconoscimento da parte del maestro stesso di una raggiunta autorevolezza, cultura, conoscenze di anatomia, fisiologia, medicina), altrimenti si formano rivoli laterali, anche quantitativamente importanti (aiutati da un buon marketing, che oggi purtroppo conta più di decenni di disciplina), ma che risultano fuorvianti, devastanti per la purezza dello stile. Purtroppo di questi casi se ne vedono a bizzeffe, anche nel mio Hung Kyun, quindi sta all’allievo la responsabilità di scegliere con consapevolezza, informarsi, cercare di andare oltre la cortina di fumo per capire se c’è anche l’arrosto.

Va detto che per fortuna in Cina (o a Hong Kong per quanto riguarda l’arte marziale del Sud) c’è sempre qualcuno, in genere meno visibile, che tramanda in purezza.

Per riassumere il pippone: l’arte marziale, oggi come allora, è finalizzata (almeno nella teoria) a costruire persone migliori, più forti e sane, fisicamente e psicologicamente. Quindi è perfettamente allineata a quella di 100, 200, mille anni fa nei suoi scopi e nei suoi metodi. Ed è dunque giusto, se non necessario, che si evolva in armonia con l’evoluzione dell’essere umano.