La crisi del Papeete non fu una cappellata di Salvini

Salvini al papeete

Così a naso bevendo il tè delle 5 e alla luce di tutto quello che abbiamo letto dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio: la crisi di governo Papeete del 2019 non fu una cappellata di Salvini, ma l’inizio di una strategia precisa sponsorizzata con tutta probabilità da Mosca.

Ascolta me: Salvini (e sopratutto il suo burattinaio, Salvini è notoriamente un utile idiota) pensavano che dopo le dimissioni di Giuseppe Conte il presidente Sergio Mattarella avrebbe sciolto le camere, si sarebbe andai a nuove elezioni e la Lega avrebbe fatto il pieno di voti visto il consenso ottenuto con la violentissima propaganda finanziata da Putin. L’Italia avrebbe avuto un governo di destra, probabilmente con Salvini premier e Meloni agli Interni. Questi due avrebbero contribuito assieme a Orban a minare le fondamenta dell’Europa per legarsi a filo doppio con Putin, con la benedizione di Silvio Berlusconi.

Per enorme fortuna dell’Italia, della civiltà occidentale e di tutto il mondo libero Mattarella riuscì ad attuare un geniale gioco delle tre carte, ribaltando la maggioranza mantenendo lo stesso premier col governo Conte Bis e impedendo elezioni che avrebbero dato il via a un incubo. Certo non era il massimo, ma era anche un primo step verso la sostituzione di Conte con Mario Draghi,  il cui governo ha riportato dignità all’immagine dell’Italia nel mondo.

Qualcuno afferma che anche Matteo Renzi abbia contribuito a farci vincere il gioco delle tre carte dopo il Papeete. Non lo so, non ho informazioni attendibili, al di là dei pettegolezzi pro e contro. Ma se lo ha fatto ha molto merito anche lui.