Su Casaleggio

casaleggioSulla morte di Gianroberto Casaleggio sono state dette parecchie cose, anche se forse non abbastanza visto il peso del personaggio nell’ultimo decennio politico italiano. Ma oltre a retorica e luogocomunismi a prescindere s’è letto proprio poco. Una delle cose migliori è stata scritta da Valentino Baldacci sul suo profilo Facebook. La riportiamo con il link al thread che ne è scaturito.

La morte di Casaleggio ha costituito una nuova occasione per mettere in evidenza la pochezza e il sostanziale servilismo del giornalismo italiano. Su quasi tutti i giornali di stamani (dal “Corriere della Sera” all'”Unità”, della cui riesumazione non si sentiva affatto il bisogno) si possono leggere pensosi editoriali che esaltano la “genialità” dell’inventore della “democrazia della rete”. Una “democrazia” per mezzo della quale ci si può trovare eletti in Parlamento con qualche decina di voti. Non avrei creduto che mi sarei trovato, una volta tanto, d’accordo con Sallusti, che parla di “democrazia dittatoriale, che gli fa orrore”. Perché, in realtà, nonostante tutte le pensose analisi di cui sopra, l’unico vero leader del M5s resta Beppe Grillo e la sua bandiera rimane quella degli esordi: il “Vaffa’”. Il M5s non ha per niente quella originalità che oggi tanti commentatori gli attribuiscono: resta un tradizionalissimo movimento populista, la cui ascesa è dovuta fondamentalmente a due fattori: la caduta di credibilità di buona parte della classe politica italiana e l’aver trovato un abilissimo teatrante che ha portato nelle piazze (e non nella rete) la sua capacità di ridurre a poche battute caricaturali la critica al sistema politico italiano. E di conseguenza c’è una sola strada per liberarsi (e non saranno tempi brevi) di questa presenza: la ricostruzione di un sistema politico credibile che non solo sia tale ma che tale appaia anche ai cittadini. Nel centro-sinistra questo processo è iniziato con la trasformazione del PD in un partito di governo con la leadership di Matteo Renzi: iniziato, ma ancora lontano da raggiungere un livello accettabile in quello che è il compito più difficile, la selezione della classe dirigente, a livello nazionale e a livello locale. Nel centro-destra invece il cammino non è stato nemmeno iniziato, e nel vuoto creato dal berlusconismo galleggiano personaggi di nessuna credibilità. Eppure questo è oggi il vero nodo della democrazia italiana, la ricostruzione di un partito liberalpopolare che costituisca una credibile alternativa a un centro-sinistra che si è liberato degli ideologismi novecenteschi che ancora cercano – spero vanamente – di prendersi la rivincita.

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