Il MES e l’assurdo dibattito di questi giorni

MES

Non avevo le idee chiare sul MES, non capivo il surreale dibattito (in realtà soprattutto le scadenti schermaglie politiche) provocato dall’ipotesi di usare questo attrezzo economico europeo per  tentare di uscire dal guano economico prodotto dal Covid-19. Ho letto qua e là, senza riuscire a farmi un’opinione, poi finalmente è comparso questo limpido articolo di Giovanni Kessler, che salvo qui per chi non ha accesso a Facebook.

Cosa penso del MES e dell’assurdo dibattito di questi giorni.

I ministri dell’Economia della zona Euro (l’Eurogruppo) giovedì hanno trovato un accordo sui nuovi finanziamenti agli Stati per far fronte alla crisi del coronavirus. Un esito largamente prevedibile. Buono, sicuramente, ma non è tutto quello che si può fare.
La decisione più rilevante è stata quella di consentire l’utilizzo del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, il fondo Salva-Stati europeo) per far fronte alla crisi causata dal COVID 19. Il MES è stato costituito nel 2011 con lo scopo di assistere gli Stati Membri in crisi finanziaria, mediante la concessione di prestiti cospicui a tassi molto bassi, che i Paesi in crisi non potrebbero permettersi. L’erogazione dei fondi avviene a richiesta dello Stato interessato e con la previsione di condizioni specificate al momento della concessione. Queste possono prevedere programmi di correzioni macroeconomiche del bilancio dello Stato che ottiene il credito. Insomma, si concedono crediti molto convenienti, garantiti da tutti i Paesi europei, ma chi li riceve non può spenderli come vuole e deve mettere ordine nel bilancio di casa sua. È questa la famosa ‘condizionalità’ del MES, la tanto discussa perdita di sovranità nazionale. Diciamo subito una cosa: l’esistenza del MES non comporta alcun obbligo di usarlo. È uno strumento per chi ne ha bisogno e ne fa richiesta. E certo, chi è a un passo dal fallimento e ha disperato bisogno di finanziamenti, persona, famiglia, impresa o Stato che sia, è un po’ meno libero, rispetto alle banche o a chi gli presta i soldi, di chi di quei soldi non ha bisogno. Che poi gli si chieda di non dilapidare quanto riceve e di mettere ordine alla situazione finanziaria che ha portato alla crisi non è né irragionevole, né dannoso. Finora il fondo Salva-Stati non è stato utilizzato. Funziona in maniera molto simile ad uno strumento precedente (EFSM), creato dall’Unione Europea per far fronte alle crisi finanziarie di Irlanda e Portogallo tra il 2011 e 2014 e poi della Grecia. Le centinaia di miliardi erogati e le condizioni di bilancio imposte dall’ESFM hanno consentito a Irlanda e Portogallo di uscire brillantemente dalla grave situazione di crisi in cui si trovavano. La Grecia sull’orlo del fallimento per politiche di bilancio dissennate e frodi diffuse, ha potuto rimettersi in piedi grazie ai 260 miliardi di prestiti ottenuti (ed altri di debito tagliato), ma la medicina (condizionalità) imposta ha avuto gravi costi sociali. Si può discutere se c’erano medicine migliori o la situazione (certo non creata all’estero) era tale che per salvarsi c’era solo quella medicina amara. Fatto sta che da allora i sovranisti nostrani vedono nel fondo Salva-Stati (MES) l’espressione più maligna del potere straniero (pluto-giudaico-massonico, probabilmente) che vuole portarci via le ricchezze nazionali.
È una polemica che si ripete in questi giorni, all’esito della decisione dell’Eurogruppo. Polemica ridicola, se non fosse per la gravità del momento. I ministri dell’Eurogruppo (cioè dei Paesi che sono nel consiglio di amministrazione del MES) hanno convenuto che gli Stati che ne faranno richiesta potranno ottenere prestiti dal MES fino al 2% del PIL (quindi per noi fino a 36 miliardi). Ad un’unica condizione eguale per tutti gli Stati (e qui sta l’originalità dell’accordo): che i fondi così ottenuti siano ‘utilizzati per il finanziamento delle spese dirette o indirette per il sistema sanitario nazionale e per la prevenzione e la cura del COVID 19’. Tutto qui. Quindi ora l’Italia può avere in brevissimo tempo, sol che ne faccia richiesta, 36 miliardi di credito a lungo termine e a tassi molto favorevoli, purché li spenda per le spese necessarie, ad esempio, per il monitoraggio di massa e misure di prevenzione dell’epidemia, che ci consentano di uscire da una quarantena lunghissima e costosa. Rinunciarci perché il Movimento 5S, come la Lega e Fratelli d’Italia, ha fatto della lotta contro il MES una loro bandiera, sarebbe semplicemente stupido. Sarebbe l’ideologia, la propaganda, il presunto interesse elettorale prima di quello del Paese.
L’aver ottenuto la possibilità dell’utilizzo del MES con una condizionalità minima e uguale per tutti è il bicchiere mezzo pieno della riunione dell’Eurogruppo. L’altra metà è quella che riguarda i cosiddetti eurobond, cioè l’emissione di titoli europei, garantiti da tutti e quindi con tassi molto bassi, di cui possano beneficiare direttamente gli Stati Membri che ne hanno bisogno. Un grande vantaggio per chi come noi italiani i crediti altrimenti li dobbiamo pagare cari; un potenziale rischio per i Paesi che, pur non avendone bisogno, dovrebbero accollarsene in parte le garanzie. Sarebbe una forma di solidarietà europea, che nasce dalla consapevolezza che vi è un interesse comune europeo e non 27 interessi nazionali in concorrenza. Siamo tutti sulla stessa barca e nessuno si salva da solo, anche in Europa. Non tutti la pensano così, soprattutto i governi dei Paesi che non ne hanno bisogno, o che hanno nella maggioranza di governo partiti per cui quello che conta è solo l’interesse nazionale. Nel documento conclusivo dell’Eurogruppo l’Italia è riuscita insieme alla Francia a far inserire un richiamo alla costituzione di un ‘fondo di ripresa europea’, finanziato, in maniera ancora da definire, da tutti i Paesi e gestito da un organismo europeo (probabilmente la Commissione) che lo amministra nell’interesse di tutti. Sostanzialmente quote di finanziamenti nazionali che vengono trasferiti a livello europeo per essere utilizzati dove c’è più bisogno. Potranno essere gli eurobond, o qualcosa di molto simile. Ma è solo un richiamo per dire che dovrà essere oggetto di considerazione dal prossimo vertice dei capi di governo che, forse, deciderà in merito. Meglio di niente, ma ancora tanta strada deve essere percorsa. Una vera e piena solidarietà europea va ancora costruita, prima di tutto nelle opinioni pubbliche nazionali e nei parlamenti nazionali. Per troppi ancora la solidarietà dovuta è solo quella che si riceve e l’interesse da tutelare è solo quello nazionale.
Una cosa è chiara fin d’ora: la solidarietà europea potrà funzionare ed esprimersi in pieno solo quando per decidere su cose essenziali del destino dei cittadini europei, come queste, a decidere saranno le istituzioni europee e non sarà necessaria l’unanimità degli Stati che ne fanno parte. Immaginatevi se il governo italiano potesse disporre solo dei fondi che le sue venti regioni, all’unanimità, sono disposte a concedergli o se potesse fare politica estera o economica solo nei modi che le sue regioni all’unanimità gli consentono. Sarebbe un manicomio. Ecco, l’Unione Europea oggi funziona in gran parte ancora così. Gli interessi anche di un singolo Paese Membro possono avere la prevalenza sull’interesse comune. L’emergenza COVID 19 con la pressante richiesta di solidarietà europea e la debolezza del sistema attuale che essa evidenzia, ci sta facendo capire quanto questo sia inadeguato e anche ingiusto. È tempo di pensare seriamente a rafforzare la dimensione europea e le sue istituzioni. Spiegatelo a tanti politici nazionali, a cominciare da casa nostra.

Giovanni Kessler

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