L’autocandidatura di Pierfrancesco Maran alla presidenza della Lombardia è una buona risposta alla carta Letizia Moratti giocata dal duo Calenda-Renzi. Ecco i miei 2 cent sull’argomento.
Primo tema, Maran. Fui critico quando Giuliano Pisapia nominò Maran assessore nel 2011, una nomina che giudicai incoerente con la promessa elettorale di una giunta sganciata dai partiti. Ma l’ho seguito in questo decennio e ritengo che sia cresciuto politicamente e abbia lavorato bene nell’amministrazione di Beppe Sala.
Secondo tema: Letizia Moratti. Sono convinto che ogni cittadinə lombardə democraticə e di buon senso non possa che auspicare la rimozione della cosca leghista che da anni impazza nel Pirellone. Mi è ben chiaro che Moratti ne ha fatto parte, ma: (1) oggettivamente è stata tra i meno peggio, (2) in Lombardia potrebbe più consensi di quanti ne farebbe perdere, (3) in caso di vittoria la giunta sarebbe emanazione della coalizione, con le ovvie conseguenze sulle politiche, (4) con Beppe Sala lavorerebbe bene.
Ciò detto, ribadisco il mio punto: conoscendo i lombardi, sono certo che in una elezione con tre candidature il centro toglierebbe più a sinistra che a destra. Ovvero: se si corre in tre è molto probabile che vinca di nuovo il burattino di Salvini.
Capisco che qualcuno preferisca perdere, a suon di «non voto più il meno peggio…”, «basta votare contro, voglio votare per…», «meglio perdere che votare Moratti…”, eccetera. Ma per me nulla è peggio che rivedere Salvini che festeggia la riconferma di Fontana con contorno di Pillon. Io Fontana non lo voglio più vedere e non solo al Pirellone.
Penso quindi che il PD debba fare esercizio di realismo e accettare di allearsi con le forze politiche che condividono l’obiettivo primario di togliere la Lega dal Pirellone e dare alla Lombardia un Consiglio e una Giunta regionale decenti. Bisogna partire dai temi comuni, evitando a tutti i costi le contrapposizioni, in gran parte ideologiche, con l’obiettivo di vincere.
In questo senso un’accoppiata Moratti-Maran potrebbe funzionare molto bene, soprattutto se Pierfrancesco – per età ed esperienza – accettasse di correre per la vicepresidenza (dandpsi il tempo per fare altra esperienza e correre da favorito tra cinque anni).
Una coalizione larga attorno a questi due nomi sarebbe un ottimo segnale per l’intero Paese, un CLN 2.0 in cui sensibilità politiche diverse si alleano sui temi comuni e raccolgono il consenso necessario a ridare alla Lombardia un governo decente.
Il governo Meloni sta mostrando il disastro che questa destra, sempre ostaggio dei peggiori (Salvini), può fare. Mai come questa volta serve pragmatismo.