A 105 anni senza vaccino in Lombardia finché non intervengono gli alpini

A 105 anni senza vaccino in Lombardia

Questa è la storia a lieto fine della vaccinazione Covid-19 di mia mamma Giuliana, nata il 10 marzo 1916 e tuttora in buona salute. Sopravvissuta all’epidemia di Spagnola, a due guerre mondiali e alla Shoah, mia mamma ha rischiato di non sopravvivere alla pandemia per colpa di un sistema sanitario che la lasciava senza vaccino.

Abbiamo fatto richiesta del vaccino a domicilio al secondo giorno di apertura delle prenotazioni da parte della regione Lombardia, assistiti dal nostro medico di base, una persona attenta, cortese, disponibile. La prenotazione è andata a buon fine, abbiamo consegnato l’accettazione e abbiamo aspettato il nostro turno.

Ma non è successo più nulla, neppure abbiamo ricevuto il patetico SMS che l’amministrazione della Lombardia ha spedito il 27 febbraio per giustificare la propria inadeguatezza. Così ai primi di marzo, sempre più preoccupato per mia mamma, ho cominciato a postare ogni giorno un messaggio su Twitter taggando le Istituzioni e i principali mezzi di informazione.

Venerdì 19 marzo siamo ancora senza vaccino, ma sabato 20 qualcosa si muove. Alessandra Ziniti di Repubblica si mette in contatto per raccontare la nostra storia. Domenica 21 giornale e sito pubblicano un’intervista a mia mamma che nel frattempo ha festeggiato il compleanno numero 105.

È l’informazione sana, quella che fa le pulci al potere, un ruolo che ormai ben pochi considerano prioritario. In tarda mattinata Alessandra si mette di nuovo in contatto con me per avvisare che lo staff del generale Francesco Paolo Figliuolo le ha chiesto i miei recapiti.

Tempo pochi minuti e il telefono si arroventa. Vengo chiamato prima dal Trivulzio, poi dal centro vaccinazioni della Zona 8 cui appartiene mia mamma, poi da una struttura di Cremona che propone di aiutarci.

All’ora di pranzo abbiamo già l’appuntamento per la vaccinazione il giorno successivo, lunedì 22 alle 11 a casa. Sottolineo che la prenotazione originale di mia mamma evidentemente era scomparsa nel nulla, visto che tutti hanno sempre chiesto i dati che la Lombardia ovviamente ha e che comunque erano stati forniti in fase di prenotazione. Un imperdonabile disastro organizzativo.

Nel frattempo arrivano infinite telefonate con richiesta di interviste da Mediaset, Rai, Ansa e tanti altri.

Alla sera ricevo la telefonata dall’ufficio stampa dell’amministrazione della sanità lombarda,  vorrebbero venire a fotografare il momento della vaccinazione, evidentemente per farsi immeritatamente  belli. Li mando cortesemente a stendere, chiedendo loro di riferire ai vari Fontana, Moratti e Bertolaso che siamo indignati per come stanno giocando con la vita di anziani e fragili.

Francesco Paolo FigliuoloRicevo anche la telefonata – questa graditissima – da parte dello staff del generale Francesco Paolo Figliuolo, vogliono accertarsi che tutto sia a posto. Già, gli alpini, loro sono così: fanno quello che hanno sempre fatto, dare una mano competente e instancabile nelle difficoltà, ma neppure si aspettano un grazie. Invece io il grazie ho voluto dirlo lo stesso, con questo messaggio che ho fatto avere al generale che sta gestendo la crisi Covid e che ha ritenuto doveroso intervenire a nome del nostro Paese.

Caro Generale Figliuolo,
mia mamma Giuliana Manasse di 105 anni ha ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer.
Quando il presidente Draghi le ha affidato la logistica delle vaccinazioni ho detto: “quando il gioco si fa duro gli alpini entrano in campo”.
Il pensiero nasce dalla memoria di mio padre Luigi Biraghi, tenente in forza al Nono alpini nella Seconda Guerra, internato per due anni nei campi nazisti, Croce di guerra, Volontario della libertà, amico fraterno di Prisco e Rezia, alpino nell’anima per tutta la vita, oltre che inimitabile capofamiglia ed esempio di rettitudine.
Pochi istanti prima di “andare avanti” nel 1989 mi disse: «Alberto, io ho lavorato abbastanza e adesso merito di riposare, pensa tu alla mamma.» Feci appena in tempo a prometterglielo e a quella promessa ho sempre tenuto fede, accompagnando fino a 105 anni questa madre forte e serena, sopravvissuta all’epidemia di spagnola, a due guerre mondiali e alla Shoah.
Dopo essere stati abbandonati dalle Istituzioni, immagini la nostra gioia quando abbiamo saputo che c’era di nuovo un alpino a prendersi cura della nostra famiglia. E oggi, al sollievo di vedere mia mamma finalmente vaccinata, si unisce il pensiero che tutte le persone fragili possono contare su di lei.

Grazie.

Alberto Biraghi

Tutto bene quel che finisce bene? Non proprio, perché  non si può non pensare a tutti gli altri anziani lombardi – e sono tanti – che non hanno un figlio rompicoglioni come chi scrive. E perché so che se avessi un po’ insistito avrei potuto avere anche io la puntura sfruttando il momento di notorietà. Non l’ho fatto, voglio aspettare il mio turno, come mi ha insegnato mio padre si sta in coda rispettosamente. Purtroppo a quanto si legge ogni giorno non tutti la pensano così, soprattutto tra i fan dell’amministrazione lombarda

[edit 24 marzo] E invece qualcosa sembra cominciare a muoversi. Al di là della serenità per essere riuscito a far proteggere mia mamma c’è la soddisfazione di aver portato sulla prima pagina dei giornali, quindi all’attenzione del Governo, un diritto inviolabile degli anziani. E sembra che questo governo sia intenzionato a rispondere. [fine edit]