PD in Lombardia: o così (Moratti) o pomì (i populisti)

PD in Lombardia

Un post recente dedicato al disastro del PD e alla mia scelta di votare il centro di Calenda e Renzi alle prossime regionali in Lombardia ha inaspettatamente riportato l’attenzione degli addetti ai lavori su questo OneMoreBlog. Pare di essere tornati ai tempi di Pisapia nel 2011 e invece sono passati quasi dodici anni.

Al di là delle accuse di rito agli altri (“Calenda ha rifiutato ogni nostra proposta!”), la sintesi di quello che mi è stato scritto via Whatsapp da vari esponenti del Partito Democratico è:

1 – I sondaggi di tutti sono d’accordo su un unico punto: con Letizia Moratti sarebbe una tragedia.
2 – I Cinquestelle in Lombardia “allargano senza snaturare”.

Prendo atto che anche nel cerntrosinistra la politica non si fa più sugli ideali, i programmi, i progetti di società, ma sui sondaggi. Ovvero: anche nel PD (o quel coacervo di interessi privati che ne resta) non importa più dire cosa sarebbe sensato fare, si preferisce dire agli elettori quello che (secondo i sondaggisti) vogliono sentirsi dire. Proprio come dei Conte o dei Salvini qualsiasi, se non peggio.

E allora ho risposto così a un esponente di primo piano del Partito Democratico che mi ha accusato di “non aiutarli a sconfiggere Fontana”.

Quel che appare da fuori è che il l problema sia a monte, ovvero che nel PD non ci sia più progetto politico, leadership, partito.
Restano tanti sottoinsiemi che antepongono le proprie rendite di posizione al bene comune, lo abbiamo visto chiaramente alle politiche, una delusione che va ben oltre i numeri. Qui c’è il vero ostacolo, che non può essere un Calenda qualunque, ma neppure un Renzi.
Un PD sano, autorevole, coeso, trasparente sarebbe credibile anche nel caso di scelte sgradevoli, come accadde con Prodi. Ma dopo giravolte, batoste, smacchi, non esiste (almeno, non nella mia bolla, che però non è né piccola né monocorde) una sola ragione valida per accordare l’ennesima fiducia a un non-progetto che sa tanto di soluzione di comodo (e trascuro gli aspetti più inquietanti dell’alleato M5S).
Te lo dice uno che pur di votare il PD alle ultime politiche ha dovuto mettere la croce su Mirabelli. Ma vedere lui eletto e – che so – Fiano e Sensi fuori per ragioni di bottega è la dimostrazione del disastro.

Ciò detto, riporto la sintesi postata sul suo wall da Graziano Camanzi del messaggio di fine anno di Letizia Moratti, con le sue proposte per la Lombardia:

  • Garantire assistenza agli anziani soli
  • Aiutare i giovani che rischiano di perdersi
  • Parità salariale tra uomini e donne
  • Sanità: cure gratuite per tutti
  • Lavorare per la crescita
  • Investire nella cultura
  • Investire nella sicurezza dei cittadini

Ragionevole no? Ecco, lo scenario: da una parte c’è Letizia Moratti, con una storia politica certamente di destra, un’esperienza amministrativa, una proposta realistica, sensata e condivisibile. Dall’altra c’è M5S, una congrega inaffidabile, incoerente, ignorante, ipocrita, populista e in olezzo di soldi russi.

Viste le uniche due opzioni: o con Moratti (scelta sensata e impopolare) o con la cricca populista M5S (scelta insensata e altrettanto impopolare), non dovrebbero esserci dubbi su con chi stare. E invece l’alleanza il PD la fa con la congrega dei Conte, Crimi, Taverna e Toninelli.

Una scelta incomprensibile. A meno che, vista la sconfitta certa, non si sia pensato che alleandosi con M5S sia possibile raccattare qualche poltrona in più per alloggiare parte dei trombati alle recenti politiche. Viste le condizioni in cui versa il PD è un’ipotesi da non scartare.