
Non andrò a votare i referendum 2025. Come ho già avuto occasione di scrivere, penso che in una democrazia rappresentativa la classe dirigente abbia il dovere di decidere, anziché mettere nelle mani dei cittadini questioni tecniche, le quali richiedono un’attrezzatura culturale che pochi hanno.
Troppe persone voteranno per appartenenza, seguendo l’ennesimo rutto di Salvini o l’ennesima supercazzola di Schlein. Mi dispiace per la domanda sugli immigrati, ma non accetterò più di farmi strumentalizzare da una classe dirigente inetta, pavida e scaricabarile.
Sono dell’idea che il referendum sia un istituto utile su grandi temi (aborto, divorzio, eccetera), ma che il basso numero di firme e il quorum alto avvantaggino sempre il NO.
Lo ritengo invece inutile, anzi dannoso, sui temi tecnici, per esempio la separazione delle carriere dei magistrati. Il tema tanto complesso che perfino tra gli addetti ai lavori c’è difficoltà a trovare una lettura univoca, eppure si rimetterà la decisione nelle mani di chi non ha strumenti culturali sufficienti anche solo a capire di che si sta parlando.
È un indegno scaricabarile da parte della classe dirigente che preferisce non decidere, ma poi influenza il voto a proprio favore con una propaganda sufficientemente becera da poter essere compresa da tutti.
Finisce sempre con un disastro (per esempio il demenziale bando all’energia nucleare, sponsorizzato dall’industria planetaria dei combustibili fossili) o diventa frustrante guerrilla politica estranea al tema (come la riforma costituzionale proposta da Renzi).
Quindi, benché la voglia di per fare dispetto a Ignazio La Russa sia tanta, io che ho sempre votato questa volta eserciterò il mio diritto di non votare.
NB: questa mia è una riflessione personale e non deve essere considerata un suggerimento a non votare. Riguardo esclusivamente me e la mia coscienza politica.