Il mio voto per il Partito Democratico è anche un voto antifascista

Lo penso e lo dico: il mio voto al PD è anche un voto antifascista. Le ragioni sono esposte nella risposta che ho dato a un nuovo “amico di Facebook” incontrato sulla bacheca di Elena Giuliani. Si chiama Alberto anche lui ed è intervenuto in una discussione sul voto con due amici con cui da tempo mi piace discutere online,  Tommaso Bistacchi e Ferdinando Pertusio.

Gli ho risposto così:

Alberto: la politica non vive sui “ti scongiuro non…” o sulla “coerenza sotto i piedi”, ma sullo scambio di idee. Senza dialettica non c’è politica, ma ideologia. Non la faccio lunga, anche perché trovo molto poco produttivo ripetere sempre le stesse cose su Facebook. In sintesi:

  1. oggi la prima cosa da fare è fermare leghisti, Meloni, M5S eccetera, ovvero il nuovo fascismo. Se andassero al potere questi, a rimetterci non saremmo tanto io, tu eccetera, ma gli ultimi, i più deboli, quelli con cui mi relaziono ogni giorno nelle strade e che se posso aiuto nel mio “pensare globale e agire locale”.
  2. da gramsciano-berlingueriano ritengo che una persona di sinistra la lotta politica la debba fare dentro il partito. Non piace la linea della segreteria? Lotta per creare consenso **dentro**, vince il congresso, cambia le politiche. Chi esce dal partito e fa partitucoli non ha capito un cazzo della sinistra. Oppure – come per esempio D’Alema – ha capito, ma se ne frega della sinistra, pensa a sé.
  3. voterò PD per la prima volta in vita mia perché (a) ritengo che oggi qualunque altro voto faccia il gioco delle destre (è matematica, non ideologia). E anche (b) perché penso che (vista la situazione) i governi Renzi e Gentiloni siano stati meglio (o se vuoi “meno peggio”) di tutti i precedenti governi post 1945, escluso forse il Prodi 1 (putacaso affossato per volere di D’Alema) .
    E comunque (c) la narrazione delle politiche di questi due governi (incluso il ruolo di Minniti) è stata un campionario di disinformazione: se Minniti sta facendo politiche di destra (ma sarebbe bene informarsi davvero, da fonti certe e non schierate, su cosa abbia fatto e con quali limiti abbia dovuto muoversi), cosa farebbe Salvini al suo posto? Ecco, preferirei non provare, ma sono certo che al confronto con quel porco fascista perfino Minniti sembrerebbe un tenerone.

Ovvero: non è la società che sognavo scappando dalle manganellate negli anni 70, ma oggi è chiaro che l’unica via per realizzare quella società là sarebbe quella prospettata da Fausto Amodei nella sua Ballata Autocritica: la rivoluzione armata, che però non è detto che riuscirebbe e comunque non è pane per i miei denti (e direi neppure per la gran parte degli italiani). Sentila se non la conosci, è bella e mette i brividi, ma è rimasta un’utopia. La realtà, la vera sinistra moderna, è quella di Enrico Berlinguer, che voleva fare il Compromesso storico già quarant’anni fa. E col senno di poi aveva ragione. 

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