La sconfitta di Casson prequel di Milano 2016?

casson e brugnaro a venezia“Nell’unica città fino a qualche tempo fa persino antropologicamentre di sinistra del Veneto, il centrosinistra ha alacremente operato per porre le premesse per un disastro. Prima, com’è ovvio, il tracollo della giunta di Giorgio Orsoni sotto i colpi delle indagini sul Mose e della condanna patteggiata dall’ex sindaco: per capire il disastro che ha lasciato, pensate che a Venezia oggi Orsoni (come del resto Galan) fa fatica a girare per le calli, e nei bar c’è chi si rifiuta di servirlo.”

Jacopo Iacoboni su La Stampa fa un quadro sintetico e impeccabile delle cause che hanno portato la Serenissima – storicamente in controtendenza di sinistra nel Veneto – nelle mani del candidato della destra. E poco cambia se le sue prime parole sono state “Non sono di destra o di sinistra, sono con i veneziani. Renzi? Confermo che mi piace”, perché Luigi Brugnaro è un uomo al 100% di destra.

Cosa accadrà ora? Siamo abituati al metodo classico PCI-DS-PDS-PD: giubilo, spoil system e occupazione a tappeto quando si vince, silenzio e regolamenti di conti a porte chiuse se si perde (memorabile il nulla che seguì la sconfitta annunciata di Bruno Ferrante a Milano), ma qui si mette male. Un po’ ovunque la destra si ricompatta e vince con candidati fuori dal giro dei famosi, laici a parole, ma sdoganati dal vertice (Berlusconi) e con i necessari santi protettori a Palazzo. Per dire, Brugnaro è amico di di Brunetta, va a braccetto con la Lega e – ciliegina sulla torta – come molti di quelli della sua parte porta con sé conflitti di interesse pesantissimi, su cui nessuno fa un plissé.

Come poteva vincere un Felice Casson, osteggiato da dentro (Cacciari non ha smesso un attimo di dargli contro e i ranghi del PD lo chiamano “il branzino”) e impossibilitato a trovare un accordo, anche informale, che gli portasse i voti M5S indispensabili per sperare di farcela.

Al di là del dispiacere per Venezia, che è grande, qui c’è da farsi venire i brividi per Milano 2016. Nonostante alcune dichiarazioni confortanti, la sensazione è che l’apparato (nella complessità di renziani vs. antirenziani vs. sinistra vs. esuli) sia vivo e lotti con noi (o meglio “contro”) se la candidatura considerata più probabile oggi è quella del compagno Giuseppe Sala seguito da una serie di nomi di stretta origine politica, perfettamente connotabili come “la casta”, quindi destinati a lasciare del tutto indifferenti molte componenti del “popolo arancione” che ha contribuito alla vittoria di Giuliano Pisapia.

Aspettiamo che qualcuno tra lorsignori alzi la testa e dica: “prima di fare nomi in libertà dobbiamo definire in modo trasparente e serio un profilo, coinvolgendo con serietà e rispetto i milanesi che hanno a cuore la città e non possono immaginarla in mani indecenti”.

Possiamo aspettarci un segnale tranquillizzante?