Bagnasco racconta fanfaluche sulla Costituzione

angelo bagnasco«La Chiesa non è contro nessuno. Crede nella famiglia quale base della società, presidio dell’umano e garanzia per vivere insieme; la famiglia come è riconosciuta dalla nostra Costituzione e come corrisponde all’esperienza universale dei singoli e dei popoli: papà, mamma, bambini, con diritti e doveri che conseguono il patto matrimoniale. Applicare gli stessi diritti della famiglia ad altri tipi di relazione è voler trattare allo stesso modo realtà diverse: è un criterio scorretto anche logicamente e, quindi, un’omologazione impropria. I diritti individuali dei singoli conviventi, del resto, sono già riconosciuti in larga misura a livello normativo e giurisprudenziale».

Parole di Angelo Bagnasco, tratte da un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.

Vediamo. La Costituzione italiana affronta il tema “famiglia” in poche parole dell’articolo 29, che dice:

“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. 
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”

L’articolo 29 fu uno dei più dibattuti, soprattutto per le ipotesi divorziste che all’epoca erano al centro dell’attenzione molto più che i diritti degli omosessuali. Per capire la tensione tra laici e cattolici è nteressante questa cronaca della genesi dell’articolo dello storico Vittorio Caporrella.

Le parole chiave sono “società” e “naturale”. Per decenni i cattolici si sono appropriati di questo concetto, spacciando per “naturale” l’unione tra un uomo e una donna, senza eccezioni. In realtà il tema è molto più complesso e vale la pena di rileggerne la trattazione di Roberto Bin, ordinario di diritto costituzionale dell’Università di Ferrara, che palesa tutte le contraddizioni della concezione giusnaturalistica della “famiglia”, intesa come “formazione sociale precedente allo Stato e che questo non può che riconoscere” (Giuseppe Dalla Torre – 1997): come può qualcosa di naturale, spontaneo e prestatuale come la famiglia fondarsi unicamente su un’istituzione giuridica artificiale, cioè il matrimonio?

Ecco il trucco e il succo. Nell’intento dei Costituenti, l’art. 29 non aveva una portata giusnaturalistica, ma – spiega Nilde Iotti – mirava a evitare la pratica diffusa nel  periodo fascista dell’ingerenza dello Stato nell’autonomia della famiglia: obbligo di improntare l’educazione familiare al sentimento fascista, divieto per gli ebrei di sposarsi in terra italiana, divieto di matrimoni tra “italiani ed ebrei” (sic) per non contaminare la razza, eccetera.

In sede di Assemblea Costituente, Aldo Moro rispose alle critiche dei laici contro il carattere ideologico che altri democristiani (per esempio La Pira) assegnavano all’articolo 29, mettendo in chiaro che quella dell’art. 29 “non è una definizione, è una determinazione di limiti” con lo scopo di “circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua [della famiglia] regolamentazione”. In parole semplici: l’autonomia della famiglia fondata sul matrimonio non può essere invasa da interventi autoritari, volti a soppiantarla a vantaggio di fini contrastanti con quello di sede del libero e autonomo svolgimento della personalità dei suoi singoli componenti e di tutela dei loro “diritti inviolabili”.

Ovvero: l’articolo 29 è solo ed esclusivamente una determinazione di limiti all’ingerenza dello Stato, possibile solo in casi eccezionali e ben definiti, per esempio assicurare uguaglianza tra i coniugi o educare i figli. La conformazione interna della famiglia è  pertanto rimessa alla razionalità dello sviluppo storico e sociale.

Il cardinale Bagnasco dunque – com’è uso frequente suo e dei suoi sodali in gonnellona – mette il naso in temi che non gli competono e distorce il senso della Costituzione italiana, a spese dei diritti di tutti, a vantaggio della sua ipocrita congrega.

Bibliografia: